Trieste Film Festival 20 – Da Madonna a James Joyce

 

Ventesimo anno per il TFF che vuole riscoprire la propria centralità territoriale nel nuovo assetto geopolitico per uno sguardo sempre più attento verso le cinematografie dell’est europeo. Attraverso la figura di James Joyce rilegge il proprio passato culturale e con la retrospettiva su Borowczyk compie una originale indagine su un artigiano del cinema.

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Il festival di Trieste consolida la propria tradizione e si accinge a inaugurare la ventesima edizione. Un’edizione che si carica di significati, non soltanto per avere raggiunto un ragguardevole traguardo in termini numerici, ma anche per la concomitante coincidenza con i vent’anni della caduta del muro di Berlino.

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Il nuovo senso anche geografico e non soltanto politico che quell’avvenimento ha avuto sulla storia europea, soprattutto, non poteva sfuggire alla manifestazione triestina che, infatti, dedica una riflessione, sotto le forme del cinema, a questo particolare anniversario.

L’inaugurazione è affidata al controverso film di Madonna Filth and wisdom debutto della pop star dietro la macchina da presa. Un’opera che nasce dalle sue ossessioni musicali che si sviluppano attraverso una  colonna sonora composita firmata dai Gogol Bordello di cui Eugene Hütz, anche protagonista del film, ne è un pò l’anima.  

La direzione artistica di Annamaria Percavassi propone anche per quest’anno le tre sezioni competitive: il Concorso internazionale lungometraggi, il Concorso internazionale cortometraggi e il Concorso internazionale documentari. All’interno di questi percorsi consolidati si snodano le ricerche visive che accompagneranno la settimana del festival. Ben dodici anteprime compongono il programma della sezione dedicata ai lungometraggi. Non c’è da stupirsi che la manifestazione triestina privilegi il cinema dell’est Polonia, Germania, Ungheria, Grecia, Repubblica ceca, Austria, Ucraina, Bosnia Erzegovina, Francia, Svizzera, Kazakistan, Russia, Serbia, sono le nazionalità rappresentate. Tra queste opere uno dei fiori all’occhiello è il film Cztery noce z Anna (Quattro notti con Anna) che segna il ritorno dietro la macchina da presa dopo diciassette anni di silenzio di Jerzy Skolimowski. Ma da annoverare tra le pellicole più attese anche Tulpan dell’esordiente kazako Sergey Dvortsevoy, già vittorioso nella sezione Un Certain Regard del 61° Festival di Cannes. Il film acquistato dalla Bim si preannuncia in uscita nelle sale italiane. Ancora da ricordare Wolke 9 (Il nono cielo) il film di Andreas Dresen sull’amore durante la terza età e 33 Sceny z zycia  (33 scene di vita), della regista polacca Malgoska Szumowska, Premio speciale della Giuria a Locarno, 33 scene attorno al tema della morte sviluppate tra le mura della casa di una famiglia borghese.

Sono diciotto le pellicole in concorso nella sezione dei cortometraggi dove primeggiano, per numero di opere, quelle provenienti dall’Est europeo.

Altrettanto corposo è il numero dei documentari quindici film più uno fuori concorso: è il film di Daniele Gaglianone La guerra non ci sarà, una serie di incontri e di viaggi in Bosnia-Erzegovina, fra storie e ricordi. Si sente forte la necessità di rileggere il passato anche recente dell’Europa e di quella dell’est in particolare. I film e i documentari rappresentano il tentativo di unire la necessità di questa memoria, personale o collettiva che sia, con la altrettanta urgenza di documentare.

Per questa sezione un interessante evento speciale. Un omaggio a Volker Koepp dal tiItolo Le donne di Wittstock: una storia tedesca dal muro a oggi. Dal 1974 Koepp osserva il paese di Wittstock nella Germania orientale, dove tornerà ad intervalli per i successivi 23 anni documentandone i cambiamenti.

Molti gli omaggi previsti per celebrare la ventesima edizione.

Proseguimento  e ampliamento della rassegna avviata già lo scorso anno è l’indagine sull'opera di Walerian Borowczyk dal titolo Associazioni imprevedibili. Il cinema di Walerian Borowczyk, omaggio che avrà ancora un seguito in autunno nell’ambito dell’altro festival della città giuliana “I mille occhi”.

La selezione delle opere, costituita dai cortometraggi d’animazione e dall’unico lungometraggio d’animazione girato dal regista polacco è stata curata da Alberto Pezzotta. Un volume edito da Feltrinelli sull’opera di questo artigiano del cinema sarà presentato durante lo svolgimento del festival.

La cinematografia greca sarà protagonista del terzo evento dal titolo Cinema Greco: film di margine. La curatrice, Nicoletta Romeo, ha selezionato otto lungometraggi e otto cortometraggi per disegnare un profilo della cinematografia greca emergente fatta di giovani esordienti, anche se tra questi l’opera seconda di Thanos Anastopoulos spicca per l’interesse che riveste e il coraggio produttivo nel realizzare un’opera che si oppone a qualsiasi stereotipo che ingabbia la Grecia nelle solite forme di identità religiosa, familiare o culturale.

Così come durante la sua vita si oppose a questi valori, scandalizzando il mondo, James Joyce. Irlandese di nascita, ma triestino d’adozione, lo scrittore irlandese soggiornò a Trieste, con alterne vicende, dal 1904 al 1920 prima di trasferirsi a Zurigo. A James Joyce è dedicata un’altra parte del festival.

La sezione curata da Elisabetta D’Erme, John McCourt e Erik Schneider  dal titolo 1909 -2009: da Trieste a Dublino– J. Joyce e il cinema Volta è un viaggio affascinante tra i film tratti dai suoi scritti o ispirati o influenzati dalla sua opera, un impedibile convegno di studiosi del suo genio e una mostra Trieste, James Joyce e il cinema: storia di mondi possibili in programma a Palazzo Costanzi, completano il panorama delle iniziative previste.

La collaborazione già avviata tra l’Università triestina e il festival prosegue anche quest’anno e in questo terzo appuntamento si ricorda la figura artistica di Giacomo Gentilomo a cento anni dalla sua nascita. Lo schermo triestino è il titolo del percorso celebrativo curato da Luciano De Giusti. Gentilomo ha attraversato il cinema italiano lasciando la propria impronta sui generi più diversi, si è occupato di adattamenti letterari al cinema mitologico, ha realizzato il mélo e il cinema biografico, non ha disdegnato il documentario, in una continua contaminazione di registri e stili che hanno caratterizzato tutto il suo percorso artistico.

Di cinema e territorio, quello del festival, si occupa la sezione Zone di cinema  che scopre la centralità territoriale all’interno del nuovo assetto europeo. Tre opere una di Helke Sander e due Gerd Conradt compongono al breve, ma intensa sezione Tracce di Muro– Per una memoria visiva del muro di Berlino (1961-1989) che indagano sull’impatto che il muro di Berlino ha avuto sulla vita della città attraverso le piccole storie di persone e vite divise.

 

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