Trieste Film Festival 20 – "Tulpan", di Sergej Dvorcevoj (Concorso lungometraggi)

Tulpan del kazako Sergej Dvorcevoj, non può essere soltanto un’altra storia di una coppia di amanti ostacolati dagli eventi e la sua ricchezza va ricercata nel personaggio del suo protagonista. Un film che ci sa raccontare, con lineare semplicità dello scontro tra modernità e tradizione, tra sentimento e seduzione. Vincitore a Cannes nella sezione Un certain regard.

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I sogni si infrangono anche nella sterminata steppa russa del Kazakistan che, per fortuna non è solo Borat. Fresco vincitore nella sezione Un certain regard, Cannes 2008, Tulpan del kazako Sergej Dvorcevoj merita il successo che si sta guadagnando.

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Asa è un giovane che ha appena finito il servizio militare in marina e va a vivere nella steppa con la famiglia nomade della sorella. Vuole aspira alla vita nomade e ad un proprio gregge, ma per ottenerlo deve sposarsi e la giovane Tulpan sembra fare al caso suo. Ma molti ostacoli si frappongono tra i due e forse il sogno di Asa non si potrà avverare.

Sarebbe semplice ridurre Tulpan ad una storia d’amore negato, ad un film su un’altra coppia di amanti ostacolati dagli eventi. In realtà, il film di Dvorcevoj è qualcosa di più complesso. Il sogno di Tulpan per Asa è soltanto una parte, sebbene molto importante per la sua vita, ma non è il solo. Tulpan rappresenta il futuro per il protagonista e simbolicamente Dvorcevoj ne nega la visione allo spettatore e di fatto anche a al giovane. Cosicché Asa,  l’entusiasta e fiducioso Asa, immagina la propria vita con la giovane, ma immagina il suo gregge e un ranch, come lo chiamano gli americani, e vorrebbe che Tulpan completasse questo suo progetto. Deluso decide di lasciare la steppa e quella che avrebbe dovuto essere la sua partenza, diventa la sua scelta definitiva e una sequenza che, a prospettive inverse, ricorda l’altra in I ponti Madison County quando anche a Francesca spetterà scegliere se restare o andare, ci racconta tutta l’ansia e la paura, il desiderio e la consapevolezza di una scelta che lo condurrà a vivere ancora negli sterminati paesaggi della steppa kazaka.

Qui il film sembra riappropriarsi della propria precisa identità che si rivolge, come d’abitudine in queste cinematografie che ritrovano sempre al centro del dibattito il tema, all’antitesi tra vecchio e nuovo, tra modernità, Tulpan che lascia la steppa per studiare in città e Asa, la continuità delle tradizioni. La steppa sprigiona un potere seduttivo maggiore di quello femminile e il giovane protagonista non ha dubbi sulla sua strada. Nella sua semplice linearità Tulpan recupera quel franco rapporto con lo spettatore, senza mai strafare, conducendo con perizia e con rigore stilistico la macchina a mano, ma utilizzando un cinema che respira un’aria molto europea, anche nella caratterizzazione dei personaggi che non soffrono di particolari imposizioni etniche. L’autore kazako, in altre parole, dimostra di avere meritato il premio assegnatogli a Cannes 2008 e l’ottimismo di Asa accompagnerà ancora il suo film nel futuro.

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