Trieste Science+ Fiction, terzo giorno

The Whispering Star, Turbo Kid, Jackrabbit e Spung proiettati nella terza giornata del Triesta Science + Fiction 2015.

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Il terzo giorno del Trieste Science + Fiction 2015 si è aperto con The Whispering Star di Sion Sono in versione lirica e “tarkovskijiana”, è proseguito con il post apocalittico Jackrabbit, con il meraviglioso fumettone splatter Turbo Kid che ha entusiasmato la platea e si è concluso con l’assalto degli enormi insetti dell’horror Stung, del tedesco Benni Diez.

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Dopo “Il Reset” ossia il collasso tecnologico che ha lasciato in ginocchio il pianeta, gli abitanti del mondo occidentale si stanno lentamente riassestando, tramite il recupero delle tecnologie analogiche. La Vopo Corporation applica un controllo capillare sulla ristretta popolazione, uccidendo gli hacker che tentano di rovesciare il sistema, o anche solo scoprire cosa esiste al di fuori delle zone protette. Con Jackrabbit, il giovane regista statunitense Carleton Ranney lascia intravedere un leggero autocompiacimento, dirigendo un’opera ambiziosa e piena di rimandi, che tenta di coniugare i film di genere a quelli autoriali (nelle sue stesse parole, l’intento era quello di fondere Michael Mann a Carpenter, Fassbinder e Kieslowski). Lodevole il ritorno ad un cinema artigianale, in questo futuro-passato dove si riprendono gli strumenti degli anni ’80 e ’90. Una sorta di Be Kind Rewind in chiave post apocalittica, che si contrappone alle forzature action e gioca di sottrazione ed attese, facendo della scarsità di budget un punto di orgoglio anziché una mancanza, e che pur rivolgendosi ai giovani si pone in antitesi ai teen ager movies con tanta forma e poca sostanza alla Hunger Games.

jackrabbit

Dopo la premiazione al padre del cyber punk, un ironico Bruce Sterling che ha ringraziato il pubblico parlando in italiano, la serata è proseguita con Turbo Kid. Adorato dalla sala e dalla sottoscritta il pastiche ludico di Anouk e Yoann-Karl Whissell e Francois Simard, ossia gli RKSS, acronimo per Road Kill Super Star, un nome un programma per questo trio folle che non si è fatto mancare nulla, creando un divertissment fatto di pura azione, battute a effetto, romanticismo spicciolo, violenza e squartamenti tramite i metodi più fantasiosi: a partire dalle budella attaccate ad una bici in corsa, che escono sotto lo sguardo esterreffato del proprietario ancora vivo, passando per le mascelle staccate a mani nude ai nemici e ri infilate nei bulbi oculari, fino ad un meraviglioso incastro di tronchi di cadaveri schizzati in aria, finiti a comporre un totem di carne umana. “Volevamo che Turbo Kid fosse attraente per un’intera generazione di ragazzini (e adulti) dalla mente perversa”, affermano i tre, il cui intento risulta perfettamente riuscito. Utilizzando come film di riferimento Mad Max 2, La banda delle BMX, Bambola meccanica mod Cherry 2000 e Splatters – Gli strizzacervelli di Peter Jackson, gli RKSS devono essersi divertiti come bambini nella creazione di questo universo post apocalittico dall’estetica anni ’80 (sia nella musica che nella grafica dei titoli di testa che nei costumi meravigliosamente kitsch). Rimaneggiando tutta una serie di leitmotiv visti e rivisti gli RKSS hanno creato un meccanismo perfettamente oliato, scorrevole e irresistibile: l’utilizzo dei flashback per raccontare i traumi rimossi del protagonista, il giovane eroe che impara dal navigato maestro (un cow boy a metà tra Indiana Jones sotto steroidi e Crocodile Dundee), la storia d’amore tra Turbo Kid e la pazza “Apple”, robot dai capelli rosa. Mentre con l’horror grottesco Stung, il regista Benni Diez, ex capo della Kingz Entertainment di Colonia, con la quale ha curato gli effetti speciali di Melancholia di Lars Von Trier, ha riversato nel film tutta l’esperienza accumulata.

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