TS+FF2019 – La fierezza dell’artigianato. Incontro con Phil Tippett

Al Trieste Science Fiction Festival il due volte Premio Oscar per gli effetti speciali (Il ritorno dello Jedi e Jurassic Park) afferma e racconta fieramente il suo artigianato

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Forse già il suo look poteva essere indicatore del mantra ripetuto più volte durante l’incontro. Phil Tippett, celebre effettista e regista statunitense che ha al suo attivo collaborazioni con la Industrial Light & Magic di George Lucas e la Dreamworks di Steven Spielberg, si presenta alla serie di domande e risposte con gli accreditati del Trieste Science Fiction Festival con un abbigliamento casual chiaramente dimostrativo della sua filosofia di vita improntata su una sana modestia. Omaggiato del premio Asteroide alla carriera, riconoscimento assegnato per gli evidenti meriti ottenuti nel corso di una carriera lunga 40 anni, il pioniere dell’animazione in go motion lo scorso 3 Novembre era al Teatro Rossetti per presenziare alla prima del documentario Phil Tippett: Mad Dreams and Monsters di Alexandre Poncet e Gilles Penso. Come facilmente intuibile dal titolo il documentario che lo vede protagonista è stata l’occasione i numerosi appassionati di fantascienza accorsi per rivolgergli qualche domanda sul suo lavoro. Lavoro che, come dimostrato dal documentario di Poncet e Penso, lo impegna nell’adamantina conoscenza dei materiali di partenza da plasmare in interminabili sedute nello studio di produzione creato da egli stesso. “La parola artista è abusata. Io sono un artigiano perché so quello che faccio, mentre l’artista è colui che non sa quello che fa“, dice parafrasando a suo modo una celebre definizione di Pablo Picasso. La difesa della sperimentazione in laboratorio e di un modo di vedere “operaio, il lavoro è per me una questione di vita e di morte e vi sono spinto da una motivazione quasi mistica” concorre con una decisa negazione dell’alloro artistico.

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Se i miei genitori sapessero che Paul Verhoeven (regista di Starship Troopers al quale Tippett ha collaborato e inoltre presentato in una brillante versione in 2K al matinèè del 2 Novembre dal TS+FF, NdA) mi ha definito un genio si metterebbero a ridere“. Non la pensa allo stesso maniera il pubblico presente in sala che omaggia con un sincero applauso anche il suo ultimo corto di 8 minuti presentato a sorpresa poco prima dell’incontro, un tappeto di immagini ricavate dal suo archivio cartaceo di riviste conservate nell’arco di quarant’anni su cui un voice-off racconta una densa e realista storia apocalittica. Un vigore creativo che però lo fa scontrare duramente con alcune delle nuove forme di comunicazioni mediali. “I franchise di oggi hanno annacquato la visionarietà degli anni passati perché tendono a ripetere formule di successo in serie“. Non si tratta di un rifiuto aprioristico perché come nel caso della realtà virtuale egli stesso rivela di “aver lavorato in questo ambito ad un progetto per due anni col mio studio ma poi l’abbiamo abbandonato. Era come avere di fronte un teatro a 360 gradi in cui non si potevano fare scelte di regia e di montaggio e perciò si è rivelato molto limitativo da un punto di vista narrativo“. In fondo i mostri creati da Tippett hanno saputo spaventare intere generazioni anche in 2D.

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