Tuta blu, di Paul Schrader

Debutto alla regia di Paul Schrader, contiene già molti dei temi di tutto il suo inema. Numerose le influenze cinefile, tra tutte Rossen, Pakula, Pollack e Altman. Grande prova di Richard Pryor.

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Ora et Labora. In realtà per gli operai di una fabbrica di automobili di Detroit il motto più appropriato è “odia e lavora”. Per il debutto alla regia, dopo le splendide sceneggiature per  Pollack (Yakuza), Scorsese (Taxi Driver) e De Palma (Complesso di colpa), Paul Schrader sceglie una storia che esalta le paranoie e le frustrazioni della “working class people”, travolta dal capitalismo post fordiano. Zeke (Richard Pryor), Jerry (Harvey Keitel) e Smokey (Yaphet Kotto) sono tre amici vessati e sfruttati da padroni e sindacati. Decidono di compiere una rapina alla sede del sindacato: troveranno nella cassaforte solo 600 dollari ma un materiale compromettente che rivela le connessioni dei dirigenti sindacali con gli ambienti mafiosi.

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Il conseguente ricatto finisce irreversibilmente nel dramma e nella distruzione di una amicizia. Paul Schrader riaggiorna motivi e atmosfere di Fronte del porto di Elia Kazan con numerose influenze cinefile: c’è il Robert Rossen di Tutti gli uomini del Re (in riferimento alla evoluzione del personaggio di Zeke) ma anche echi del cinema “cospirazionista” di Pakula (Tutti gli uomini del Presidente), Pollack (I tre giorni del Condor) e del noir esistenzialista di Altman (Il lungo addio). Il percorso di martirio, colpa e redenzione tipico dei personaggi conflittuali di Paul Schrader qui è ancora stemperato nella prima parte da toni da commedia amara.

L’incipit ha un sapore provocatorio: sulle note metronomiche di Hard Workin’ Man di Jack Nitzsche vediamo alternarsi le immagini della fabbrica e dei macchinari ripresi in primo piano con le carrellate laterali degli uomini al lavoro, in un ritmo incessante e ripetitivo. Queste condizioni alienanti si riflettono sulla vita dei tre protagonisti: Zeke protesta per il suo armadietto difettoso e intanto imbroglia il fisco; Jerry è alle prese con la figlia che non può permettersi l’apparecchio per i denti; Smokey si stordisce in feste a base di alcol, droga e sesso. Il gesto della rapina non ha strettamente un valore politico ma si basa su necessità economiche: in una società razzista che tende a discriminare i ricchi dai poveri, (come i bianchi dai neri e i vecchi dai giovani) il riscatto sociale non avviene per un percorso di cambiamento morale ma attraverso il denaro.

Ci sono momenti davvero memorabili: la scena della rapina che si sviluppa attraverso una tensione crescente hitchcockiana, quella della lunghissima agonia di Smokey ucciso con lo strumento del proprio lavoro (da qui il titolo originale del film Blue Collar) e il lungo inseguimento in macchina con Jerry che intravede il pericolo tra le luci e le ombre della notte. Schrader non fa un film accomodante ma radicale, esprimendo senza riserve anche il doppiogiochismo dei dirigenti sindacali la cui retorica dei discorsi (la scena della finta telefonata è potentissima) è direttamente proporzionale alla falsità degli intenti. Anche se sul set non si formò alcuna alchimia tra i tre protagonisti  (Pryor e Keytel vennero spesso alle mani, Pryor minacciò Schrader con una pistola), la prova attoriale è davvero superba. Tra i tre è proprio Richard Pryor a sorprendere: fino ad allora noto per i ruoli comici, l’attore afro americano propone una figura sopra le righe giocata su una recitazione a voce alta e nevrotica che riflette la frustrazione di tutta una classe di lavoratori sfruttati, traditi dai sindacati e tenuti al guinzaglio come cani alla catena. La nevrosi ha il suo culmine in un operaio che, dopo l’ennesimo resto mancato, distrugge la macchinetta di distribuzione delle bevande e alimenti.

Sceneggiato con il fratello Leonard Schrader con dialoghi pieni di “fuck” e “motherfucking”, amatissimo dal critico Roger Ebert che ne scriverà una recensione memorabile, Tuta blu è il primo film da regista di Paul Schrader e anche un manifesto programmatico di quelli che saranno i temi portanti di tutto il suo cinema. Il freeze frame finale, potente e simbolico, ribadisce quale è la più subdola forma di controllo della classe dei lavoratori da parte del sistema di potere: seminare contrasti e divisioni sfruttando la debolezza della posizione sociale e le impellenti necessità economiche. Cane mangia Cane. Vi ricorda qualcosa?

 

Titolo originale: Blue Collar
Regia: Paul Schrader
Interpreti: Richard Pryor, Harvey Keitel, Yaphet Kotto, Ed Begley jr., Harry Bellaver, George Memmoli
Durata: 114′
Origine: USA, 1978
Genere: drammatico

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.6

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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