Two Distant Strangers, di Travon Free e Martin Desmond Roe

Il corto candidato agli Oscar 2021 racconta con potenza la questione del BLM attraverso il loop temporale: un fumettista afroamericano viene ucciso 99 volte da un poliziotto wasp. Su Netflix

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Con Two Distant Strangers, il Black New Cinema continua a servirsi dell’immaginario audiovisuale del secolo scorso per mettere in scena la sua urgenza sociale. Il corto di 32 minuti, in corsa per la cerimonia degli Oscar 2021, diretto da Travon Free e Martin Desmond Roe, approda inoltre sul megafono streaming più potente che ci sia – Netflix, ad oggi – cercando ulteriore eco per la sua giustezza tematica. Il cinema ai tempi del BLM, insomma: Two distant strangers è l’ultima riflessione multimediale su come mettere in scena per immagini bidimensionali il dramma della comunità afroamericana negli Stati Uniti usciti devastati dall’era Trump.
Scritto dal comedian e produttore vincitore di un Emmy Travon Free nell’arco di cinque giorni nel luglio dello scorso anno dopo aver partecipato alle proteste in seguito alle uccisioni della polizia di George Floyd, il corto si basa su un’idea folgorante. I continui omicidi da parte della polizia ai danni della minoranza nera si continuano a ripetere ciclicamente, come in un drammatico nastro di Moebius: e con quale forma il cinema degli ultimi anni ha messo in scena il meccanismo della coazione a ripetere se non col sottogenere del loop temporale? Il fumettista Carter James (il rapper Joey Badass) si sveglia nel letto di Perri (Zaria Simone) dopo una nottata passata insieme. I due giovani si ripromettono, con il corollario di frecciatine che inutilmente schermano le incertezze dovute all’occasionalità della singola avventura, di rivedersi nei prossimi giorni. Appena fuori dal palazzo signorile James si accende quello che appare (ma non è) uno spinello per gustarsi gli effetti di quella nascente relazione ma viene subito fermato da un poliziotto bianco: – “Quella è una sigaretta? Non ha l’odore di una sigaretta“. Il ragazzo risponde causticamente e l’esponente del NYPD, come se non aspettasse altro, lo inchioda al muro cercando di arrestarlo. L’eccesso di reazione termina con l’immagine, ora più che mai shockante per lo spettatore, del giovane inchiodato a terra col ginocchio dell’agente sul collo che implora di allentare la presa perché “I can’t breathe“.

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James Carter muore sul selciato per risvegliarsi, dopo un oramai riconoscibile stacco cinematografico, di nuovo sullo stesso letto della prima inquadratura. Il cortometraggio di Free e Roe a questo punto gioca con i codici del genere alla Ricomincio da Capo: basterà modificare qualche gesto – in questo caso il nascondere un rotolo di soldi che solo nelle mani di un afroamericano può risultare sospetto – per far sì che la morte del fumettista non si ripeta. Ed invece il giovane viene continuamente ucciso, per ben 99 volte, dal poliziotto Merk (interpretato da Andrew Howard) qualunque cosa egli dica o faccia. Alcuni di quegli omicidi riescono a sconvolgere perché sono la mimesi cinematografica di casi avvenuti realmente: in particolare, l’irruzione della squadra di agenti nell’appartamento rappresenta la morte dell’infermiera Breonna Taylor.

Siamo però nell’epoca dei Loopers provetti e Two distant strangers sembra apparecchiare una soluzione progressista di facile digeribilità: Carter James al centesimo tentativo capisce di dover parlare col suo carnefice per cercare di venire ad un punto d’incontro che gli permetta di uscire da questa sorta di stasi ricorsiva. La regia ancora una volta usa gli archetipi del genere – in questo caso la riconciliazione che avviene attraverso una scambio duro ma franco all’interno dell’abitacolo della macchina – per poi ritornare con una sterzata violenta nel pessimismo di fondo: le macchie di sangue a forma d’Africa (metafora forse un po’ troppo “scoperta”) continuano a macchiare i selciati delle strade. Il massimo di speranza che il protagonista può dare guardando in camera è che “Non importa quanto tempo ci vuole, o quante altre volte ci debba provare, in un modo o nell’altro, riuscirò a tornare a casa dal mio fottuto cane“.
Il corto cavalca con intelligenza i tempi e i modi del presente, sia socio-ambientale che soprattutto cinematografico, per rispondere a quella che può apparire già ad una seconda revisione come una gimmick per sceneggiatori: come raccontare il BLM usando l’immagine multimediale? Il loop del cinema vicino a Black Lives Matter non è solo una questione per storie di neri sbandati ma anche del ricco e bello Carter James di Two distant strangers. 

 

Titolo originale: id.
Regia: Travon Free e Martin Desmond Roe
Interpreti: Joey Bada$$, Andrew Howard, Zaria, Mona Sishodia, Cameron Early, Jeremy Rivette, Trevor Morgan
Distribuzione: Neflix
Durata: 32′
Origine: USA, 2020

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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