Two Lovers, di James Gray
L’amore che James Gray racconta èlo stesso che dovremmo gridare per il suo cinema. Non solo la fierezza di Scorsese e Schrader, oggi ha trovato anche il sublime naturalismo di Ernst Lubitsch.
Leonard (Joaquin Phoenix), dopo aver provato il suicidio per una delusione d’amore, ritorna a vivere a casa dei suoi genitori a Brooklyn. In quei mesi conosce due donne: una è la figlia di un possibile socio in affari del padre, l’altra è la nuova vicina di casa per la quale perderà la testa. Leonard dovrà decidere se andar via di casa con la donna dei suoi sogni o far felici anche i propri genitori…
L’amore che James Gray racconta è lo stesso che alla fine dovremmo gridare senza ritegno o vergogna per il suo cinema. Non è più una sorpresa, è un sentimento consolidato e duraturo (dal suo primo film) che accompagna il nostro cuore, i nostri occhi, quando due amori lottano e nessuno dei due veramente muore: James Gray non è solo la fierezza di Martin Scorsese e Paul Schrader, oggi ha trovato anche il sublime naturalismo di Ernst Lubitsch.
Pensi ad un deragliamento con Two Lovers, dopo thriller e drammi, invece i corpi pulsano in fondo della stessa materia. Livido, duro, magmatico, come sempre, con la polvere che copre i ricordi, Gray scopre pero’ per noi l’amore, di origine classica, dove sembra che la storia sembra dipanarsi rispettando la cronologia del girato, in cui senti addosso tutto il peso della colpa, del violento attacco agli affetti. In fondo, è sempre un thriller morale in cui un magnifico Phoenix (che tra l’altro si mostra in una prodigiosa scene di ballo hip hop) si muove.
Tutto il cinema di Gray ruota sempre intorno al padre e la madre amati, stimati, dominanti, che non sono assenti, semmai troppo presenti. Il fascino postmoderno del cinema di Gray, filtrato da uno sguardo avanti e critico di rigore classico, nasce proprio da questa sovraesposizione della figura paterna e materna. Il suo cinema rievoca e rimette in gioco il sacrificio del figlio compiuto (che per miracolo saprà difendere la propria vita, da un suicidio quasi riuscito), voluto, orchestrato dal padre. Lo snodo problematico intorno al quale si articola questo dramma della volontà del padre (o meglio: del morire per il/del padre) è il tradimento. “Prima che mio padre morisse, io ero già orfano”. Nel cuore si nutre un risentimento sordo e impotente. Anche Leonard con i suoi genitori. Vive sempre nel cono d’ombra del padre. Leonard però non sogna di uccidere il padre. Il figlio di Gray: rischia di suicidarsi lentamente (e lo sa bene), se prima non trova la forza di inginocchiarsi dinanzi alla gratuità dell’amore.
Gray sembra avere il dono di vedere quasi in bianco e nero in qualche modo, del movimento che va dall’occhio alle cose e non può tornare dalle cose all’occhio: come due vie, due amori da percorrere inesorabilmente fino in fondo. L’occhio è bianco e le cose nere e poi il contrario, ma la visione in bianco e nero di Gray non lascia tutti noi soli al mondo, ormai consapevoli dell’illusione di trovare l’amore gratificante fino in fondo. Gray non ci lascia sorvolare, ma abitare il mondo: abitare il nostro sorvolo, abitare nel sogno e planare sulla realtà. Occhio divino che rende i corpi fondi del loro ambiente e l’ambiente figure tra i corpi stessi. Permeabile e penetrante, il cinema ospita un nuovo corpo che ha il pudore di un seno nudo mostrato fugacemente dalla finestra ai nostri occhi miseramente increduli.
Titolo originale: id.Regia: James GrayInterpret: Joaquin Phoenix, Gwyneth Paltrow, Vinessa Shaw, Isabella Rossellini, Moni Moshonov, Elias KoteasDistribuzione: BimDurata: 110′Origine: USA, 2008
Cinema puro, sommesso, sempre in sottotraccia quello di Gray, che insegue una purezza classica in via d'estinzione. Sappiamo già come andrà a finire, ma quando verso la fine Joaquin Phoenix si ritrova a piangere solo davanti all'immensità del mare il suo amore perduto, è impossibile non provare una stretta al cuore.