Un affare di donne, di Claude Chabrol

Una donna abbandonata che trova nell’inconscio atto politico dell’aborto la strada per la rivalsa e la liberazione dei condannati. Un gran film con Isabelle Huppert premiata a Venezia

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È presente su MUBI una retrospettiva sul cinema di Claude Chabrol, recentemente arricchita da L’inferno (1994), gran film con Emmanuelle Béart e François Cluzet. Una serie di thriller post Nouvelle Vague dell’autore, per intenderci quella parte di filmografia dove la Huppert sostituisce Stéphane Audran e dove la messa in scena si fa algida, più distaccata e la moralità dei personaggi ancora più ambigua, che vede nel parco titoli lo splendido Un affare di donne, tratto dal romanzo omonimo di Francis Szpiner. Ritratto di una donna vittima di sé stessa e della società profondamente maschilista che la circonda. Tematiche che sono ancora attualissime soprattutto dopo la vittoria a Venezia di L’événement, che parla di aborto e della condizione femminile nella Francia degli anni ’60. Facendo un passo indietro lungo vent’anni, ci ritroviamo davanti ad un film lucido e terribilmente ancora vivo, dove Chabrol decide di raccontare le donne francesi del governo collaborazionista di Vichy.

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Isabelle Huppert è Marie Latour, personaggio ispirato all’ultima donna ghigliottinata in Francia, Marie-Louise Giraud. Vive a Cherbourg durante l’occupazione nazista. Madre di due bambini e moglie di un uomo assente, Marie si troverà ad aiutare la vicina di casa ad abortire in quanto il marito di quest’ultima, da poco partito per il fronte, non vuole tenerlo. Quando torna il marito Paul, reduce di guerra, personaggio sconfitto non solo sul campo di battaglia, ma anche psicologicamente, Marie capisce come il peso di quella casa fatiscente sia rimasto tutto sulle sue spalle. Deciderà di iniziare a praticare aborti sotto compenso, sistemando rapidamente la situazione economica della famiglia e riuscendo nel frattempo a dedicarsi maggiormente alle proprie passioni. Marie all’improvviso diventa una donna libera, ma che non abituata a quell’improvvisa agiatezza inizia a rincorrere sempre di più il denaro e l’amore clandestino. Si invaghisce di uno dei pochi uomini “forti” rimasti, anche se dalla morale dubbia, perché è stata abbandonata come tutte le donne del paese. Deciderà sempre di più di allontanarsi dal marito per cui ormai prova totale indifferenza. E in tutti i suoi movimenti, nei suoi balletti, nei suoi sguardi ammalianti verso quegli stessi uomini che hanno ridotto il paese in miseria si nasconde uno degli atti di resistenza più affascinanti di sempre. Marie letteralmente strappa dal ventre i figli dei condannati dalla Francia collaborazionista. Quelli nati per la violenza della guerra e i rapporti occasionali. Quelli nati per seguire i dettami della religione cattolica a cui Chabrol sapientemente dedica, tramite la voce della sua musa, una propria e particolare versione dell’Ave Maria.

Marie in sostanza diventa una martire. Una Giovanna D’Arco che vuole liberare la Francia in un periodo dove la realtà è talmente brutale che non è permesso sognare. Si vive in una bolla fatta di lunghi dettagli e fuori campo vivo. Grazie anche all’abilità di Chabrol nel far rimanere esterna la guerra e la violenza di cui però si percepiscono all’interno tutti gli effetti. L’unico momento in cui l’esterno si rivela, cercando di sfondare la bolla di questi condannati, è in forma di cartonato. Un cielo finto, fuori dalla cella, che illumina la reclusione di una donna che voleva solo cantare. Forse è proprio per quell’esterno che non esiste che la voglia di sconfinare e di sentirsi libera di Marie non è ammessa. E forse è per questo che Chabrol dedica il film ai figli dei condannati, che non sono solo i bambini che abitano il suo racconto. “Abbiate pietà”.

 

Coppa Volpi a Isabelle Huppert alla 45° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia

 

Titolo originale: Un affaire de femmes
Regia: Claude Chabrol
Interpreti: Isabelle Huppert, François Cluzet, Marie Trintignant, Nils Tavernier, Marie Bunel, Dominique Blanc, Lolita Chammah, Aurore Gauvin
Distribuzione: MUBI
Durata: 108′
Orifine: Francia, 1988
Genere: drammatico

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4 (1 voto)
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