"Un attimo sospesi", di Peter Marcias
E' come se la sospensione che pervade l’intera pellicola, le vite in bilico, la rarefazione e l’incapacità dei personaggi di affrontare il proprio destino, penetrasse in qualche modo nelle immagini stesse e le rendesse magicamente assonnate, piovose e grigie. E infatti la fotografia, con i suoi toni sporchi e quasi strascicati, è straordinariamente efficace e perfettamente aderente alle intenzioni del film. L’idea di fare del quartiere Prati di Roma la scenografia ideale per gli ultimi giorni prima dell’apocalisse rende al film un’aura da noir surreale. Ma il risultato è destabilizzante come una promessa non mantenuta

Queste sono le vite sospese protagoniste del film di Peter Marcias. Ci sono tanti motivi per parlarne bene: la scelta del titolo, la sospensione che pervade l’intera pellicola, come se le vite in bilico, la rarefazione e l’incapacità dei personaggi di affrontare il proprio destino penetrasse in qualche modo nelle immagini stesse e le rendesse magicamente assonnate, piovose e grigie. E infatti la fotografia, con i suoi toni sporchi e quasi strascicati, è straordinariamente efficace e perfettamente aderente alle intenzioni del film. Che, almeno così pare all’inizio, segue un po’ il modello altmaniano (e ancor prima griffithiano), negli ultimi anni tanto in voga da Magnolia di P.T. Anderson a Crash di Paul Haggis, delle storie parallele che si sfiorano per poi scontrarsi e ritrovarsi alla fine.
Il fatto che poi Marcias faccia in modo che questo non avvenga, lasciando, appunto, le varie storie sospese nei rispettivi spazi, non è necessariamente un problema, o almeno non è questo il problema del film. Il punto è che nonostante i pregi è molto difficile dare un vero giudizio a “Un attimo sospesi”. Non si sa bene cosa dire. Si rimane sospesi. Bella idea, bel titolo, ottima fotografia, piacevole e stravagante intuizione di ambientare il tutto in Prati, che gli abitanti di Roma sanno essere uno dei più placidi quartieri della città, e forse del mondo intero. L’idea di farne la scenografia ideale per gli ultimi giorni prima dell’apocalisse è piena di sottile ironia, e rende al film un’aura da noir surreale. Notevole e sorprendente il cameo di Nino Frassica come psichiatra ambulante, e il ritorno di Farida nelle vesti, più o meno, di sé stessa. Eppure tutte queste intuizioni talentuose hanno perso qualcosa. Le immagini, le situazioni, i personaggi vengono lasciati senza un perché. E questa non è una sospensione, ma un abbandono vero e proprio. Senza giustificazioni. E’ come se Marcias avesse preso troppo alla lettera le intenzioni del suo titolo, o forse avesse semplicemente avuto paura di ricalcare troppo il modello americano. Ma il risultato è destabilizzante come una promessa non mantenuta. La sensazione è quella di un’ incompiutezza, di un’inconcludenza andata ben oltre le previsioni e le reali intenzioni del regista. Peccato. Perché di talento Marcias ne ha. E probabilmente non tarderà a dimostrarlo.
Regia: Peter Marcias
Interpreti: Paolo Bonacelli, Ana Caterina Morariu, Fiorenza Tessari, Rosario Lisma, Farida, Joseph Kpoghomou, Nino Frassica
Distribuzione: Ultima Onda
Durata: 90’
Origine: Italia 2008