Un cinema che non ha paura dei desideri: torna "I magi randagi" di Sergio Citti

A dieci anni dalla sua fulminea uscita nelle sale e a pochi mesi dalla scomparsa del regista, trova un insperato ritorno in sala un piccolo/grande film, da vedere di corsa, prima che lo "smontino". Ve lo consigliamo caldamente, riproponendovi la recensione di Federico Chiacchiari su Cineforum, anno 1996.

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Fuori tempo e fuori luogo. Così, ad un primo impatto, appare il film di Citti. Cinema del tutto 'inadeguato' ai tempi attuali, e forse proprio per questo così 'trascendente', così necessario.  Sembra un film speditoci dal passato, con l'intenzione di farci da monito per il futuro. Perchè I magi randagi guarda al futuro come nessun film italiano degli ultimi anni ha saputo fare, sforzandosi soprattutto di immaginare,  di andare oltre il presente, il reale da descrivere. E' un film su un'Italia che non "è" più, quello di Citti. Un cinema che non si "fa" più. Un'Italia che sta scomparendo, un cinema ormai scomparso da tempo. Eppure… eppure sembra così avanti, così in anticipo, come se fosse il film stesso illuminato dalla luce di una cometa, che gli indica i luoghi, i corpi, gli sguardi. 

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Con il suo "modo antico di fare cinema" (come lo definisce l'attore Silvio Orlando) Sergio Citti va oltre il cinema di corpi e di sguardi, nel realizzare un film che è esso stesso un corpo, uno sguardo, una macchina complessa eppure semplice. Ma soprattutto è un cinema 'fuori di testa', cioè non concettuale, non intellettuale, e assolutamente non 'televisivo' (anche se si concede una divertente presa in giro delle telenovelas, ma fatta con garbo, con gusto, senza eccedere). Un film completamente di 'cuore', realizzato con le emozioni, un film come macchina dei desideri, corpo/luogo/sguardo desiderante

Nel realizzare questo Citti deve attraversare dei mondi ormai inesplorati. Deve essere sguardo inadeguato, utilizzare corpi inadeguati. Ed ecco i paesi, luoghi sconosciuti al cinema italiano d'oggi (figuriamoci poi quelli del Molise, come Venafro: ci ha mai girato un film qualcuno da queste parti? Complimenti a Citti per la riscoperta di questo paesaggio italiano dimenticato).  E, come protagonisti, degli artisti da strada, quasi straccioni, perduti e terribilmente rètro.


            L'inizio è terribile, anche per il più ben disposto degli spettatori. Tre saltimbanchi, uno tedesco, uno francese ed uno italiano (napoletano), (sembrano i personaggi di una vecchia barzelletta), giungono in paese con il loro strampalato circo. Il pubblico si aspetta leoni e tigri ma troverà solo i tre attori. E la metafora della crudeltà dell'uomo, per cui le bestie sono il nazista e il mafioso, le più crudeli delle bestie, le uniche che uccidono non per fame. Fortunatamente il pubblico si rivolta contro quest'intellettualismo spiccio e caccia i tre che son costretti alla fuga per evitare il linciaggio. Per strada, senza un soldo, a piedi e stremati i tre incontrano dei cammelli. Tre, proprio come loro. Provano a cavalcarli ma son goffi e vengono scoperti e arrestati. E qui siamo in un altro paese, dove il parroco (un bravissimo Gastone Moschin) ogni anno realizza il più bel presepe vivente. Solo che quest'anno i tre uomini che 'fanno' i re magi vogliono troppo (un milione a testa) e né il sindaco né il parroco sono disposti a tanto. Ed ecco che i tre saltimbanchi diventano immediatamente utili al paese. E la storia si arricchisce di conflitti ulteriori. I tre nuovi magi vengono assaliti e picchiati dai tre vecchi magi licenziati, assaliti dalle donne del coro, denunciati di violenza sessuale da un bambino dispettoso e inseguiti da tutto il paese che intende linciarli. Ma, interviene il parroco, prima devono fare il presepe. Nella messa in scena del presepe vivente c'è però un vuoto, subito scoperto dal napoletano che 'interpreta' Melchiorre, che l'utilizza per allontanare i paesani: manca il vero bambino, che invece è di coccio. Che sacrilegio, in un presepe tutto così vero! Ma in paese nessuno fa più bambini. E allora correte a farli! Gridano i magi agli incauti paesani. E Don Gregorio sorride. E tutti tornano nelle loro case. 

"E' brutto morire senza figli", concludeva il protagonista di Bianca, di Nanni Moretti, ricordate? Prima, tragicomica riflessione del cineasta romano sul bisogno/necessità di 'riprodursi', ma oltre l'obbligo morale religioso, ma per un proprio personale bisogno di ri-scoprire ruoli (la paternità, la maternità) che una generazione sembrava aver gettato in soffitta. Quasi a non voler creare un'altra generazione che soffrisse i padri come la loro. Per poi ritrovarsi come in Isole, di Caro Diario, con i bambini primogeniti ormai veri padroni del mondo. Bambini incubo. Bambini desiderio.  E' da preti bigotti mandare tutti a casa a fare l'amore per riprodursi? Forse si, l'amore è anche altre cose (per fortuna). Eppure quest'Italia piccola e paesana di Citti, dove gli egoismi prevalgono è agghiacciante. Quanto mi costa un figlio? Con quei soldi mi ci faccio la macchina nuova, grida un paesano. Splendida dichiarazione di amore totale per l'universo delle merci, vero esempio di come si è ridotto l'uomo contemporaneo ormai tutto preso dal bisogno di possesso, dalla necessità sociale di avere tutto ciò che l'industria e la pubblicità gli propone,  assolutamente egli è inadeguato a porsi come essere che trasmette amore, affetto, conoscenza, senso. E I magi randagi si presenta anche come un discorso sul mito-magia della nascita, con la grotta da dove viene Gesù che mima l'atto del nascere come uscita dall'oscurità del ventre materno, appunto il venire alla luce che tutti abbiamo vissuto. Questa nascita, questa ri-nascita appare essenziale. Senza bambini ci potrà mai essere un nuovo Messia? Dove si caccerà allora la speranza, in cosa troveremo più quella cosa chiamata utopia, il credere in qualcosa? E allora Citti dall'universo popolare della prima parte del film gira verso il lato fantastico del suo cinema, e fa illuminare i tre 'magi' da una stella cometa – piccolo, poverissimo effetto speciale – che condurrà i tre nuovi magi per lidi sconosciuti. Perchè nella notte i tre sognano tutti Dio, che gli dice che sta per arrivare il nuovo Gesù, e allora eccoli tutti pronti in questa nuova ricerca. L'abito da re magi indossato ha 'fatto il monaco': essi sono diventati dei 'veri' magi. E dove si ritroveranno a ricercare il nuovo bambino di Dio? All'idroscalo di Ostia. Ma non è una battuta del film. E' poesia. Già Moretti (ancora lui), in Caro Diario si era avventurato nei luoghi della morte di Pasolini. Luoghi del degrado, quasi un deserto metropolitano. Accompagnato dal meraviglioso piano del Köln Concert di Keith Jarrett, Moretti ci restituiva Pasolini intimamente, attraverso un linguaggio che parlava direttamente ai sentimenti. Citti riparte da lì, da quei sassi messi in circolo, nel punto esatto della sua drammatica morte. Proprio tra quei sassi i magi incontreranno 'una Maria', con il bimbo in grembo. Splendido passaggio, dalla morte alla vita, attraverso una ri-nascita. Il luogo può davvero cambiare di segno. E quest'omaggio discreto, leggero e delicato a Pasolini (che dopotutto è l'ispiratore di questa storia, che seppure molto diversa, doveva realizzare dopo Salò, con il titolo Porno-Teo-Kolossal, e se qualcuno si vuole leggere il trattamento di Pasolini può trovarlo sulla rivista Cinecritica, n.13, aprile/giugno 1989) si avvale anche della presenza di Laura Betti, Ninetto Davoli, Franco Citti e Mario Cipriani, in un simpatico richiamo al film La ricotta.

I magi, dopo aver affrontato  l'egoismo, il razzismo, la televisione (la telenovela) e la violenza,  hanno finalmente trovato Maria, ma Gesù si rivela essere una bambina. Impossibile per i tre, che decidono di lasciar perdere. Ma poi trovano un'altra Maria, e trovano il maschio da loro cercato. Ma, un po' più in là, nella stanza, un altro bimbo: è il gemello. Per i nuovi magi Gesù non può essere bambina, né avere un gemello. Eppure forse oggi Gesù avrebbe bisogno della forza e intelligenza dell'essere femminile, e del corpo 'doppio' di un gemello. Forse dovrebbe egli adeguarsi allo scontro in atto.  Ma per i magi randagi è ancor di più: Gesù è in ogni bambino che nasce. Nel mondo di oggi siamo così tanti e i problemi son tali che il figlio di Dio nascerà in ogni corpo nuovo.


            Il film pare sia piaciuto al Vaticano, eppure ha dei piccoli tratti di dolce blasfemia che lo rendono delizioso. Fuori moda, fuori tempo, natalizio ma fuori dalle sale (e perchè allora non lo hanno proiettato in tutte le sale parrocchiali italiane?), messo ai margini alla Mostra di Venezia, nascosto nei cinema, I magi randagi vive esso stesso l'esperienza del 'randagismo' di Gesù bambino. Vaga per quelle poche sale disposte a rischiare, su un film senza star, impossibile in televisione, ma che come dice ancora Orlando "racconta la società con sguardo particolare, atipico, può essere imperfetto ma c'è un soffio di vita che difficilmente si sente in altri film". Il cinema come 'soffio di vita', bella definizione. Per un cinema che non ha paura dei desideri.

 


LA TRAMA  


In un piccolo paese del sud tre saltimbanchi girovaghi  annunciano alla popolazione locale il loro spettacolo serale. Circo povero, il loro, senza animali o grossi trucchi: sono i tre uomini lo spettacolo, che attraverso la metafora del nazista e del mafioso cerca di mostrare al pubblico sbigottito quali sono le vere belve contemporanee: cioè gli uomini. Ma il pubblico non gradisce e per poco non riesce a linciare i tre, che fuggono via di corsa per i campi. Dopo un po', stanchi del lungo cammino, come per miracolo trovano tre cammelli. Increduli cercano si salirgli sopra, per proseguire il cammino. Ma vengono scoperti, catturati e imprigionati dalla polizia di un paese vicino. Qui il parroco ha difficoltà a realizzare il suo famoso presepe vivente, perchè i tre uomini che ogni anno impersonano i re magi questa volte presentano richieste economiche esorbitanti. Allora il sindaco consiglia al parroco di 'utilizzare'  i tre malcapitati appena arrestati. Ma i tre omoni 'licenziati' cercano di vendicarsi sui nuovi magi 'crumiri' ( a suon di botte),  le donne del coro e l'ultimo bambino nato del paese (un dispettoso grassone), faranno di tutto per mettere nei guai i tre nuovi magi. Attiratosi l'odio di tutto il paese i tre stanno nuovamente per essere linciati, ma vengono salvati da Don Gregorio, il quale ottiene prima di fare il presepe e poi di lasciarli in pasto ai paesani. Ma il napoletano che impersona Melchiorre, visto il bambinello di coccio (unico in un presepe vivente) si rifiuta di proseguire finché non verrà trovato un bambino in carne e ossa. Cosa impossibile, sono anni che in quel paese non nascono più bambini. Correte a farli!, gridano i magi, con la benedizione del prete.


La notte  i tre, dopo un banchetto succulento, hanno la stessa visione: una stella cometa; e lo stesso sogno: Dio che gli dice di cercare il nuovo Gesù. Da quel momento i tre non smetteranno di girare il mondo alla ricerca del nuovo Messia, ma la risposta ai loro interrogativi sarà sorprendente.


 


Regia:   Sergio Citti


Soggetto:    Sergio Citti


Sceneggiatura: Sergio Citti , David Grieco, Michele Salimbeni


Fotografia:  Franco Di Giacomo


Montaggio:  Ugo De Rossi


Scenografia e costumi:  Danilo Donati


Suono (presa diretta): Bruno Pupparo


Musica: Ennio Morricone


Interpreti: Silvio Orlando, Patrick Bauchau, Rolf Zacher, Nanni Tamma ("Padreterno"), Laura Betti, Franco Citti, Ninetto Davoli, Gastone Moschin (Don Gregorio), Roberto Simmi, Bob Tron, Osvaldo Buoso (i 'vecchi' re magi), Giampaolo De Santis (bambino del paese), Claudia Dresselmann (Maria del Prologo), Romana Meggiolaro (Maria del Presepe), Stella Condorelli (Maria della spiaggia), Sasha Altea (Maria dei gemelli), Nadia Carlomagno, Francesca Marti, Ilenia Marino, Paola Cerimele, Valeria Bottaro, Katy Monique Cuomo, Miria Annini (ragazze del coro), Mario Cipriani (uomo della ricotta), Franco Valente (il sindaco), Franco Di Turri ( Maresciallo dei Carabinieri), Brigitte Christnesen ("Ingrid" Telenovela), Marco Di Stefano ("Giocondo" Telenovela), Laura Tanziani (annunciatrice telenovela), Vera Gemma (capopopolo razzista),


Produzione:  Francesco Torelli per la I.P.S. s.r.l., Istituto Luce


Distribuzione:  Istituto Luce


Durata:   130''


Origine:  Italia, 1996


 

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