“Un film sul tempo rubato”. Incontro con Ken Loach per Sorry We Missed You

Ken Loach presenta oggi a Roma il suo ultimo film Sorry We Missed You, in sala dal 2 gennaio, raccontando la sua delusione per le elezioni appena concluse

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Un Ken Loach dalla voce un po’ “rauca” a causa di un “raffreddore britannico” ha incontrato la sala affollatissima di giornalisti ed estimatori del suo cinema, per raccontare il suo ultimo film Sorry We Missed You, presentato in Concorso a Cannes e nelle sale dal 2 gennaio con Lucky Red.

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Al margine delle elezioni inglesi, secondo lei i protagonisti di questo film, gli aventi diritto al voto, cosa hanno votato se lo hanno fatto?
Questa non è stata una buona settimana, le persone erano molto confuse. Il leader della sinistra Jeremy Corbyn è stato reso impopolare da una propaganda che è stata quanto mai intensa. Penso che i miei protagonisti, Abby e Ricky, siano stati sufficientemente sensibili da andare a votare il partito laburista. In realtà tutta la stampa ha detto alle persone che il leader della sinistra era un razzista e un simpatizzante dei terroristi, due bugie, perché lui è semplicemente un uomo di pace. Io ho fatto veramente campagna porta a porta e ho parlato con le persone e questo è quello che mi hanno detto. La cosa che ha peggiorato il tutto è che queste bugie sono state perpetuate dal partito socialdemocratico di destra. Questo lo hanno fatto per poter distruggere il programma radicale che la sinistra ha cercato di portare avanti. Oggi Tony Blair terrà un discorso in cui attaccherà di nuovo la sinistra. E non dimenticate che è stato lui ad aumentare la privatizzazione delle aziende pubbliche ed è anche responsabile di almeno un milione di vittime della guerra in Iraq con George Bush.

Quanto un film come questo può incidere sul pubblico?
Penso che un piccolo effetto si possa avere. Il discorso pubblico è fatto di molte voci. La nostra è una piccola voce in un grande coro di tante altre voci. Quello a cui abbiamo assistito nel nostro paese, che poi ha raggiunto l’apice in queste settimane, è stata una propaganda che ha coperto e travolto le varie voci diverse. Dovremmo ricordarci una vecchia battuta: il cabaret politico a Berlino negli anni ‘30 ha prevenuto l’arrivo di Hitler ma non la sua ascesa. Quindi dobbiamo rimanere umili circa le possibilità di quello che il cinema può fare. Mi auguro comunque che questo film comunichi la percezione che questo è qualcosa di intollerabile e che non possiamo sopportare perché questa è la richiesta da parte delle grandi imprese che le cose debbano essere così. E per altro il manager del deposito lo spiega nel film che c’è concorrenza con altri depositi e che alla fine il lavoro verrà dato a quello che è più veloce, economico e affidabile. Il costo di tutto questo è una classe operaia che viene sfruttata oltre ogni limite. E sappiamo, anche se non è nel film, che il capo di Amazon è l’uomo più ricco al mondo e questa disuguaglianza così evidente non è una cosa che si può sopportare. Non è solo la disuguaglianza ma anche la distruzione del pianeta, perché ciascuno di quei furgoni non fa che bruciare combustibili fossili. Questo ovviamente colpisce i figli dei borghesi tanto quanto i figli dei lavoratori.

In molti suoi film precedenti c’è la disoccupazione o un incidente su un lavoro. In questo film invece la tragedia è continuare a lavorare per forza. Come possono organizzarsi questi lavoratori, il sindacato può fare qualcosa per loro?
Credo che i sindacati debbano riscoprire quelli che erano i loro metodi originari. Perché quando sono stati creati i sindacati, la gente viveva in queste condizioni: per esempio i muratori o chi lavorava nell’edilizia andava singolarmente in un cantiere e chiedeva se poteva essere assunto; i portuali si riunivano intorno alla banchina agitando il loro cappellino per farsi assumere. I sindacati non hanno bisogno di grossi uffici costosi, hanno bisogno di persone che scendano fra la gente e organizzino i lavoratori.

Come ha costruito i personaggi con gli attori, soprattutto i due ragazzi? Come ha spiegato loro questi fenomeni globali?
Non è andata proprio così. Abbiamo fatto il casting cercando di scegliere persone credibili e che avessero capito nel profondo quello che questa situazione era, cosa significava. Kris Hitchen, che interpreta Ricky, ha incominciato a fare l’attore ma gran parte della sua vita ha fatto l’idraulico alla guida di un furgone. Debbie Honeywood, Abby nel film, in realtà ha avuto solo una battuta in televisione, il suo lavoro è fare l’insegnante di supporto a scuola. E i due ragazzini sono stati presi dalle scuole locali. Per cui all’inizio abbiamo lavorato improvvisando qualche scena familiare, e abbiamo provato piccole scene che sarebbero potute succedere nel film. Poi abbiamo girato in ordine cronologico, quindi loro scoprivano a mano la mano la storia e le emozioni che provavano.

Uno dei temi del film è il tempo rubato. Quando secondo lei arriverà il giorno che torneremo a essere persone e non clienti?
Ha ragione quando parla di tempo rubato. Le persone di solito lavorano per poter poi trascorrere momenti belli con la propria famiglia e i propri amici e questo diventa sempre più impossibile. Questo vale sia per i manager che per chi lavora a livelli inferiori. La tecnologia significa che le persone sono reperibili continuamente. Ricky, ad esempio, è governato dalla tecnologia nel suo furgone.

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Ma potremmo usare la tecnologia per rendere migliore la nostra vita. Il partito laburista con la leadership di sinistra in queste elezioni ha semplicemente detto che avrebbe usato la tecnologia per ridurre le ore lavorative e la settimana lavorativa a 32 ore. Ed è per questa cosa specifica che sono stati derisi e ridicolizzati. Eppure è una cosa di buon senso. Sono esempi come questo che li ha portati a perdere le elezioni.

Come si immagina dal punto di vista dei lavoratori il futuro con la Brexit e poi come mai siamo ancora così governati dalla propaganda?
È sempre successo. Tornando indietro a cento anni fa le persone in Europa sono state convinte ad ammazzarsi a vicenda a causa della propaganda. È una propaganda molto sofisticata. Se c’è una lezione che va conservata di questa settimana è: attenti ai socialdemocratici di destra. Il problema dell’Unione Europea dal punto di vista della sinistra è che è un paradosso perché da una parte vogliamo essere solidali con i lavoratori di tutti gli altri paesi europei ma non possiamo fare un’unione economica basata sul libero mercato perché questo è nei principi guida dell’UE. E questo significa che questo è il sistema che produce la crudeltà che abbiamo cercato di mostrare nel film. Per cui sì a un UE ma non a questa.

Guardando il cinema internazionale, si sente un regista isolato o vede altri che pure tentano questa strada?
Penso che ci siano molti cineasti, registi, sceneggiatori, attori, produttori che vogliono riflettere nei film del mondo in cui viviamo ma non sono loro a decidere i film che vengono fatti. E sappiamo che ci sono molte persone di talento. Le decisioni non vengono prese da loro, le sale sono di proprietà di multinazionali, hanno accordi con società di produzione che a loro volta sono proprietà di multinazionali. Questo è il problema. Nel mio paese la BBC e altre emittenti hanno consentito di realizzare film da persone individuali e originali e che sono guidate da quei sceneggiatori, scrittori… ed è stato possibile per quella voce farsi sentire. Quando ho iniziato negli anni ‘60 a noi veniva data la libertà di fare un film e questo veniva mostrato il giorno dell’uscita al capo del dipartimento. Oggi invece vengono gestiti a livello microscopico da una piramide di burocrati per cui viene sbattuta fuori qualsiasi originalità. Probabilmente perché si rendono conto che si tratta di un mezzo potente. Io sono fortunato perché riesco a farlo da tanto tempo.

Con Io, Daniel Blake è successa una cosa molto incoraggiante. Il film è stato proiettato al cinema per alcune settimane ma non ha raggiunto le comunità dove vivono le persone che vediamo nel film. E sapevamo che sarebbe successo. Per cui i distributori hanno fatto in modo che le copie potessero essere noleggiate a prezzi molto bassi per poter essere proiettate all’interno di comunità locali, come scuole, club, perfino chiese. Queste potevano farsi pagare un biglietto di ingresso, in maniera tale da recuperare i soldi del noleggio e poi potevano a fine proiezione discutere del film. Il film è stato proiettato per circa 700 volte, quindi è entrato in maniera capillare in quelle comunità, le stesse che vivevano sulla propria pelle la storia che veniva raccontata nel film. E ci auguriamo che la stessa cosa possa succedere per questo film.

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