Un nuovo giorno, di Stefano Calvagna

Calvagna non riesce a ribaltare il suo cinema duro e puro e rimane ancorato ad un didascalismo di maniera che inevitabilmente appiattisce la resa emozionale della pellicola

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Stefano Calvagna ci tiene a precisarlo, questo non è un film a low budget ma a love budget. Lo si fa perché lo si ama. E lui lo ama da quando nella settimana ferragostana dello scorso anno si è ritrovato per una combinazione del destino nello stesso albergo di Sveva Cardinale, colei che diventerà la protagonista del suo film. Gli fa eco Franco Oppini precisando che è proprio da qui che deve ripartire il cinema italiano, dalle idee e dalla professionalità. Due condizioni fondamentali che però si rintracciano con fatica nell’ultima pellicola del regista de Il Lupo, anzi il tutto appare sempre raffazzonato e indeciso sulla strada da prendere.

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Nel raccontare la storia di Giulia, uomo da sempre intrappolato in un corpo che non sente suo, Calvagna ribalta il suo cinema, da sempre dedito ai ritratti machisti di uomini duri e puri, ma lo fa solo sulla carta. Infatti questa rivoluzione copernicana delle tematiche non è assecondata da un’altrettanto consapevole inversione di marcia per quanto riguarda la messa in scena, sempre affetta da un didascalismo di maniera che inevitabilmente appiattisce la resa emozionale della pellicola. Nonostante le ristrettezze del budget non c’è mai la volontà del regista di trasformare i limiti in soluzioni creative, rendendo di fatto Un nuovo giorno un film tirato via, sciatto, che irrimediabilmente risente dei soldi che non ha.

E’ un opera che non effettua alcuno sforzo di tipo cinematografico, ma intrappola la cronistoria della trasformazione sessuale della protagonista in uno schematismo paratelevisivo. Congelato nei suoi campi e controcampi che sfociano nell’effetto The Lady, imbalsamato in una regia rubata da un manuale giovani videoamatori anni ’50, tutta bloccata nelle regolette del “buon prodotto”, come ad esempio l’uso da fotoromanzo degli establishing shots. (Tutte le volte che Giulia arriva a Milano irrompe la stessa inquadratura del Duomo e quando tocca alla Capitale ecco lesta l’immagine del Cuppolone.)

Non ci sono mai sospensioni, interrogativi, aperture nel cinema di Calvagna, è tutto un rincorrersi di scene madri su scene madri incalzate da un commento musicale leggero come il piombo. A farne le spese sono i personaggi, ridotti a maschere prive di spessore e dalla mobilità pressoché nulla, che nell’arco dell’intera pellicola non compiono alcuna trasformazione (a parte ovviamente quello di sesso). E così anche di una vicenda così urgente sullo schermo non rimane che uno scheletro spogliato da ogni complessità o poesia.

Regia: Stefano Calvagna

Interpreti: Sveva Cardinale, Danilo Brugia, Luca Filippi, Niccolò Calvagna, Imma Piro, Massimo Bonetti, Franco Oppini

Distribuzione: Poker Entertainment

Durata: 115′

Origine: Italia 2016

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