Una farfalla con le ali insanguinate, di Duccio Tessari

Giallo atipico di Duccio Tessari che sottolinea il tessuto malato di una società alto borghese corrosa dal vizio e da pulsioni autodistruttive. Ottima tormentata prova di Helmut Berger.

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Anche Duccio Tessari, dopo l’approccio al noir di Scerbanenco in La morte risale a ieri sera (1970), si cimenta nel 1971 nello spaghetti thriller avvalendosi di attori di un certo calibro come Helmut Berger, Giancarlo Sbragia e Lorella De Luca. Una serie di prove schiaccianti manda in carcere il giornalista sportivo Alessandro Marchi (Giancarlo Sbragia) accusato dell’assassinio della giovane francese Francoise Pigaut (Carole André). Mentre Marchi è in carcere il serial killer riprende a colpire con le stesse modalità e la polizia, con in testa il commissario Berardi (Silvano Tranquilli), ovviamente brancola nel buio.

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A Tessari non importa molto dell’atto omicida in sè o della descrizione efferata dei delitti, anzi, in controtendenza rispetto al filone ‘argentiano’ di quel periodo, si sofferma sulla costruzione delle prove, sulla ricerca degli indizi e sul dibattimento processuale con qualche incursione nel clima sociopolitico di quegli anni: il disagio giovanile, la noia della ricca classe alto borghese che si permette di contestare i padri ma con un rassicurante conto in banca. Giorgio Villarosa Venosta (Helmut Berger) rampollo di una casata nobiliare è un pianista (appassionato del concerto n.1 di Tchaikovsky) che si consola tra le braccia di Sarah (la figlia del presunto assassino) ma si dibatte tra i flashback di un passato felice e scoppi d’ira vendicativa contro l’autorità genitoriale.

Come nella migliore tradizione dei gialli dei primi anni ’70, c’è molta libertà sessuale e il quadretto familiare di famiglia alto-borghese si sfascia tra corna reciproche, ettolitri di J&B, false testimonianze e perversioni pedofile. Tessari cerca di stemperare il clima bollente con qualche inserto comico (il tormentone del caffè al commissario di polizia) e forza la sceneggiatura riguardo le motivazioni dell’assassino. Ma la carta vincente è la modalità della messa in scena con una sapiente ricostruzione in flashback del primo omicidio (quello che vediamo è avvenuto veramente o è una falsa ricostruzione della verità?) e un continuo cambio di location tra esterni (Bergamo, il parco dell’omicidio) e interni (l’aula processuale, le cene familiari traboccanti di ipocrisia).

I titoli di testa presentano tutti i personaggi per fare orientare lo spettatore e viene utilizzato un mascherino a forma di farfalla in omaggio all’oggetto che rivelerà indirettamente l’identità dell’assassino. Reduce dai fasti viscontiani, Helmut Berger propone un personaggio conflittuale divorato da una passione tardo romantica che lo disperde nelle note impetuose di Tchaikovsky. In un quadretto poco edificante di satiri impenitenti, avvocati doppiogiochisti, mogli fedigrafe e professionisti in crisi di mezza età con un debole per le ragazzine, la figura di Helmut Berger acquista una grandezza tragica. Tessari si sofferma sui dettagli: le prove, le analisi tecniche, la composizione del terreno del parco, la verifica degli alibi, l’attendibilità dei testimoni oculari, le macchie di fango e di sangue compatibile o non compatibile. In mezzo a tutta questa melma emergono un disco di musica classica e dei libri di scuola come ultimi segni di una innocenza perduta. Finale con montaggio alternato in cui la vendetta si nutre di momenti di felicità perduta.

Nell’ambito del risveglio del genere thriller di inizio anni ’70, Una farfalla con le ali insanguinate è un film atipico che evita le trappole della estetica dell’omicidio per concentrarsi sui prodotti malati di un tessuto alto borghese in pieno disfacimento morale. Qualcuno ci sguazza come un maiale, qualcun altro decide di farsi giustizia da solo. La pulsione autodistruttiva è comunque la stessa.

 

Regia: Duccio Tessari
Interpreti: Helmut Berger, Giancarlo Sbragia, Ida Galli, Silvano Tranquilli, Lorella De Luca, Carole André
Durata: 99′
Origine: Italia, 1971
Genere: giallo

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
5 (1 voto)
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