"Una sconfinata giovinezza", di Pupi Avati

una sconfinata giovinezza
Entrare per l’ennesima volta nell’universo filmico di Pupi Avati dà sempre la sensazione del ritorno. Come se film dopo film il regista bolognese avesse tessuto una fitta tela di coordinate ricorrenti, dalle quali ogni nuova storia potesse prendere timidamente vita. Coordinate che si rintracciano anche in quest’ultimo Una sconfinata giovinezza, forse il film definitivo (nel bene e nel male) sulla “memoria” avatiana

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Una sconfinata giovinezza, di Pupi Avati

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Entrare per l’ennesima volta nell’universo filmico di Pupi Avati dà sempre la sensazione del ritorno. Come se film dopo film il regista bolognese avesse tessuto una fitta tela di coordinate ricorrenti, dalle quali ogni nuova storia potesse prendere timidamente vita. E quindi tornano le riflessioni sull’infanzia come età magica e spensierata, unite alle difficoltà dei rapporti interfamiliari; torna la forte malinconia del sentimento amoroso, unita alle più intime fragilità umane; tornano le ambientazioni d’epoca e la ferrea fiducia riposta negli attori che danno corpo ai suoi personaggi. Tutti questi ingredienti si rintracciano anche in quest’ultimo Una sconfinata giovinezza, forse il film definitivo sulla “memoria” avatiana. Il terribile morbo di Alzheimer che affligge il giornalista sportivo Lino Settembre (un intenso Fabrizio Bentivoglio) e che lo porta a rifugiarsi ostinatamente nei suoi lontani ricordi d’infanzia, diventa il corrispettivo narrativo/diegetico della regressione infantile che Avati perpetra ormai da anni con il suo cinema. C’è sempre un’età dell’oro, nostalgica e passata, che si vuole rievocare: sia essa confinata nel Bar Margherita, in una stramba Seconda notte di nozze o nella Bologna degli anni ‘20 col Cuore altrove. C’è sempre una sognante dimensione del ricordo che cozza violentemente contro un presente visto come corrotto e malato (dai due Regalo di natale a Il figlio più piccolo). Ecco che la casa romana ai Parioli dove si dipana la difficile storia d’amore tra Lino e Chicca (Francesca Neri) diventa un immenso teatro della memoria dove tutti i fantasmi del suo cinema precedente vengono rievocati, prendendo carne e vita nel casale di campagna alle porte di Bologna: luogo dove i bambini possono addirittura resuscitare i morti. Luogo della memoria di Lino, che ostinatamente vuole (ri)mettere in scena (come un sofferente regista di se stesso…) la sua passata giovinezza.

Ma il problema di Avati è sempre quello di credere ciecamente in un cinema fortissimamente narrativo, che possa solo con la qualità della “bella scrittura” assolvere a tutti i suoi compiti, relegando la messa in scena ad una traduzione su pellicola della sua idea di cinema/romanzo. Una concezione desichiana del cinema, che se aveva un suo senso profondo trent’anni fa, oggi fa una terribile fatica a risultare esaustiva. Lo struggente percorso di Chicca, che da moglie felice si trova a diventare quasi una madre per suo marito che sta scivolando nella demenza, viene incorniciato in un garbato lirismo smorzatoni, inUna sconfinata giovinezza, di Pupi Avati un calligrafismo tondeggiante che livella ogni spigolo, assoggettando il montaggio, la fotografia o i movimenti di macchina in tutto e per tutto al sostrato narrativo, che li giustifica e li origina. Il romanzo vince, insomma. Come se il cinema fosse un mezzo per tradurre in immagini solo ciò che si vuol comunicare, non concedendo spiragli o derive dove la stessa immagine possa diventare autosufficiente, allargando e moltiplicando le potenzialità di ogni sguardo. Tutto ciò produce inevitabilmente una innegabile sensazione di déjà vu, come se accingendosi oggi a vedere un film di Pupi Avati, emotivamente non ci si potesse aspettare né più né meno di quello che poi si vedrà sullo schermo. E questo, pur rispettando l’integerrimo percorso autoriale che orgogliosamente il regista porta avanti, non può non essere considerato come un forte limite del suo cinema.

 
Titolo originale: id.
Interpreti: Fabrizio Bentivoglio, Francesca Neri, Serena Grandi, Gianni Cavina, Lino Capolicchio, Manuela Morabito, Erika Blank, Osvaldo Ruggieri, Vincenzo Crocitti, Brian Fenzi, Marcello Caroli
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 98'
Origine: ITA, 2010

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