Una sirena a Parigi, di Mathias Malzieu

Tratto dal romanzo omonimo dello stesso regista, un film carico di suggestioni e umori che però finisce solo per esibire il proprio immaginario vintage e che, più che incantare, s’imbambola.

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Poteva essere un fantasy rock in cui Malzieu avrebbe trovato la sintesi tra la sua scrittura (il film è tratto dal suo omonimo romanzo) e la sua musica (è il leader dei Dionysos, uno dei migliori gruppi rock francesi). Una sirena a Parigi invece s’impantana dalle parti di Jeunet di Il favoloso mondo di Amélie, e cerca senza riuscirci la sintesi tra realtà e magia. Si, ci sono gli scarti cartoon molto più suggestivi in La meccanica del cuore, il film precedente che Malzieu aveva co-diretto con Stéphane Berla, che qui si ritrovano nella VHS che il protagonista fa vedere alla sirena e, in parte, nei titoli di testa. E forse Una sirena a Parigi, ispirato all’alluvione che aveva colpito la metropoli francese nel 2016, avrebbe funzionato meglio solo come film di animazione. Così invece la storia è congelata e la dimensione fiabesca perde presto d’interesse.

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Gaspard, un cantante dal cuore spezzato che si esibisce nel cabaret Flowerberger, ha giurato di non innamorarsi mai più. Ma una sirena, Lula, approda sulle rive della Senna dopo un alluvione. L’uomo la porta a casa sua e la sistema nella vasca da bagno per curarla. Lei però, che non ha mai conosciuto l’amore, si difende dagli uomini facendoli fuori con il suo canto. Succederà la stessa cosa anche a Gaspard?

L’acqua, la terra e le notti dove tutto può accadere. Una sirena a Parigi fa straripare il suo immaginario tra lacrime che diventano perle, décor di cartone con il mare e i pesci, un locale come il Flowerberger in cui si vorrebbe ritrovare tutto il fascino di Parigi dopo la Seconda guerra mondiale tra canzoni, nuvole di fumo e luci calde. Il paesaggio di Malzieu era già programmaticamente disegnato nel romanzo e nell’adattamento cinematografico risulta solo come una meccanica trasposizione. Qui i cuori dei due protagonisti non hanno il ticchettio dell’orologio a cucù di Jack in La meccanica del cuore. Ma il loro sentimento resta sospeso attraverso gli sguardi dei due protagonisti, Nicholas Duvauchelle e Marilyn Lima, un po’ incantati e anche molto imbambolati. Il resto degli altri personaggi appaiono una galleria sfocata, tra la malinconia del padre di Gaspard interpretato da Tchéky Karyo, agli echi alla Almodóvar del mondo colorato della vicina di casa interpretato da Rossy De Palma fino a Romane Bohringer in cerca di vendetta.

Una sirena a Parigi esibisce l’immaginario vintage di Malzieu. I personaggi sono come dei pupazzi di proprietà, così come gli oggetti, come per esempio i dischi. Il tunnel dei sogni di Woody Allen di Midnight in Paris qui si trasforma in una cantina dove bisogna pazientemente aspettare che il cineasta ci mostra con fierezza tutto quello che c’è dentro. E alla fine tira fuori il disco di Edith Piaf, Je ne regrette rien. La sua Parigi avrebbe potuto ispirarsi agli umori di quella canzone. Resta invece solo un altro pezzo da collezione. E la presunta anima rock se ne è andata a farsi benedire.

 

Titolo originale: Une sirène à Paris
Regia: Mathias Malzieu
Interpreti: Nicolas Duvauchelle, Marilyn Lima, Tchéky Karyo, Rossy De Palma, Romane Bohringer, Alexis Michalik
Distribuzione: Vision Distribution, Cloud 9
Durata: 102′
Origine: Francia, 2020

 

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3.5 (20 voti)
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