Unchained melody. Patrick Swayze
Il 14 settembre, nella sua casa di Los Angeles, l’attore è morto a soli 57 anni. Da oltre un anno gli era stato diagnosticato un tumore al pancreas, contro il quale ha combattuto fino alla fine. Personaggio schivo, poco incline ai fasti hollywoodiani, ex-alcolista e fumatore incallito, resterà per sempre cristallizzato nell’immaginario collettivo per i suoi tre grandi successi, Dirty Dancing, Ghost e Point Break
![patrick swayze ghost](https://i0.wp.com/www.sentieriselvaggi.it/wp-content/uploads/public/articoli/33778/Images/ghost.jpg?resize=400%2C272&ssl=1)
E’ poi molto probabile che le stesse bambine, diventate adolescenti nei primi anni ’90, abbiano visto Ghost (1990). Stavolta sì, al cinema. Magari d’estate in un attesissima serata di libertà con le amiche. Ed è altrettanto probabile che le stesse adolescenti lo abbiano poi non solo visto e rivisto, noleggiato e rinoleggiato, ma che si siano commosse almeno un po’ ascoltando “Unchained Melody”. Persino quelle che si atteggiavano ad “alternative” come la sottoscritta. Se non altro nella versione che Bono fece dal vivo nello “ZooTv Tour” , nel 1993. Un momento. Siamo alla scena finale. Quella in cui Sam- Patrick Swayze bacia per l’ultima volta la sua Molly-Demi Moore, prima di andare via per sempre. Alle sue spalle una luce avvolgente. La voce di Oda Mae-Whoopi Goldberg. “Sam, ti aspettano”. Lacrime. “Addio”. Fermo immagine.
![patrick swayze point break](https://i0.wp.com/www.sentieriselvaggi.it/wp-content/uploads/public/articoli/33778/Images/point_break.jpg?resize=300%2C450&ssl=1)
Al cinema intanto, è l’outsider Darrel Curtis in I ragazzi della 56° strada di Francis Ford Coppola. Il suo fisico nervoso ma solido e il volto deciso e a tratti rude lo rendono perfetto per la parte. Recita insieme a Tom Cruise, Matt Dillon ed Emilio Estevez. E’ il 1983. L’ anno successivo è protagonista di Alba rossa insieme a Charlie Sheen. Nel 1986 Spalle larghe di Peter Markle lo vede insieme all’allora idolo delle teenagers Rob Lowe. Un anno dopo accetta di interpretare in Dirty Dacing il ruolo di un ballerino che lavora in un villaggio turistico nei primi anni ’60. Jennifer Grey, con cui aveva lavorato in Alba rossa, sarà la ragazza di buona famiglia di cui si innamora. Contrariamente alle modeste aspettative il film diventa un successo planetario, un vero e proprio cult per milioni di adolescenti in tutto il mondo. I passi di danza di Johnny Castle-Patrick Swayze, il ballo finale insieme a “Baby” Houseman-Jennifer Grey, sono imitati da milioni di spettatori, adolescenti e adulti.La colonna sonora è altrettanto fortunata. “She’s like the wind”, canzone di cui è co-autore e che interpreta, è una hit internazionale.
Patrick viene nominato miglior attore protagonista e, anche se non vince, è ormai, a quanto pare suo malgrado, una star e un sex-simbol. Come spesso accade alle persone riluttanti al successo, agli attori che in qualche modo non riescono o non vogliono far parte del rutilante mondo di Hollywood, Swayze dopo il 1987 fa una serie di scelte disastrose, per le quali sarà non a caso candidato ai temibili Razzie Awards. Nel 1989 è rovinosamente protagonista di Il duro del Road House e Vendetta trasversale.
La sua sembra essere la classica meteora di una stagione, quando nel 1990 accetta un altro ruolo rischioso in un film di Jerry Zucker, che negli anni ’80 ha diretto commedie demenziali come L’aereo più pazzo del mondo e Top Secret.
Stavolta non si tratta di una commedia, ma di un film romantico. Una storia di “fantasmi”, in un certo senso. Le altre interpreti sono Whoopi Goldberg e una non ancora famosissima Demi Moore. Si chiama Ghost. La storia del fantasma del giovane bancario che resta sulla terra per proteggere la sua fidanzata in pericolo risulta incredibilmente convincente. Come “Dirty Dancing”, è un altro successo inaspettato. Enorme ed inaspettato.
Ancora una volta Swayze viene nominato Miglior Attore ai Golden Globe. E ancora una volta non vince. Ma poco importa. Il “King of the Sleepers”, come viene soprannominato per i suoi anni di “sonno” tra i due grandi successi della sua filmografia, nel 1991 accetta una parte importante in un altro film “strano”. La regista è una donna, Kathryn Bigelow. Point Break è la storia di un gruppo di surfisti che rapinano le banche indossando maschere con le facce degli ex-presidenti americani. Il loro capo è Bodhi, Patrick Swayze. Keanu Reeves è l’agente infiltrato che resta affascinato dal loro stile di vita e dal carisma di Bodhi. Il film ha un enorme successo, soprattutto tra gli adolescenti, tant’ è vero che i due attori protagonisti sono entrambi nominati agli MTV Movie Awards come “Most Desirable Man”. E’ solo Reeves a vincere.
Gli anni ’90 sembrano comunque essere iniziati nel migliore dei modi per Swayze, che nel 1992 è il medico statunitense che molla tutto per andare a salvare i poveri d’ India, in La città della gioia di Roland Joffè. Ma ancora una volta le cose non vanno come sembrerebbero dover andare. Swayze comincia a sentire la pressione della fama, scivola definitivamente nella dipendenza dall’ alcol dalla quale si libererà solo dopo un periodo in un centro di disintossicazione. Stupisce e convince abbastanza la sua travestita Vida in A Woong Foo! Grazie di tutto, Julie Newmar (1995), ma il resto del decennio è segnato da una serie di flop e di scelte sbagliate.
![patrick swayze the beast](https://i0.wp.com/www.sentieriselvaggi.it/wp-content/uploads/public/articoli/33778/Images/patrick_swayze_the_beast.jpg?resize=400%2C266&ssl=1)
Il VHS riparte. Sam va via nella luce. Il pathos della scena è coadiuvato dal tema di “Unchained Melody”.
Patrick Swayze è morto il 14 settembre nella sua casa di Los Angeles. Non è stato uno dei più grandi attori di Hollywood. Certo che no. Può sembrare strano, e forse molti non saranno d’accordo, ma è stato qualcosa di più. E’ stato un viso, un corpo. E’ stato una danza. Una camminata lungo il fiume. Una lotta con un boss della banda rivale. Un abbraccio travolgente. Uno sguardo.
E’ stato tutto questo per il cinema degli anni ’80 e dei primi anni ’90. Per le ragazze che vedevano i suoi film. Come Marilyn lo è stata nell’ immaginario maschile degli anni ’50. Non si può negare al mondo, al cinema, la potenza e la necessità del suo stesso immaginario. Non si può, non è giusto. Soprattutto non in virtù di una serie di convenzioni critiche, inutili e presuntuose.
Patrick Swayze aveva un dono. Era l’incarnazione di un desiderio. Di qualcosa di non perfettamente definito, eppure certo, sicuro, primordiale. Un sogno di cui non si ricordano bene i contorni, ma che resta dentro al risveglio. Aveva il dono del cinema.
I suoi movimenti restano cristallizzati come quelli di un magnifico fantasma. La sua grazia riluttante, rude, la sua danza romanticamente maschile.
Oggi i film per adolescenti hanno per protagonista Zac Efron, l’insostenibile perfezione femminea del suo naso, le sopracciglia delineate ad arte.
Ciao Patrick, il cinema ha perso un sogno. Le ragazze lo ricorderanno.
da una di quelle ragazze…gran pezzo valentina gentile.<br />
mi fa schifo punto e basta