UNKNOWN PLEASURES (4) – "Mouth to mouth", di Alyson Murray
A volte insistito attraverso immagini immediate, decisamente dirette, altre volte magnificamente sospeso, come la soggettiva notturna di Sherry, Mouth to mouth è la storia di una vera, progressiva liberazione. Pellicola decisamente fisica, tra danza, movimento e sentimento, con una splendida Ellen Page inedita.
Sentieri Selvaggi/Queerframe.tv – UNKNOWN PLEASURES (4), proiezione gratuita venerdì 10 giugno – via Botta, 19 – Roma
Che lo sfondo sia la campagna portoghese, la distribuzione di minestra ai senzatetto, o i contenitori della spazzatura da cui raccattano cibo, i membri di SPARK sembrano continuamente alieni, piombati sul suolo terrestre da chissà dove, e certo senza speranza di trovarci collocazione. SPARK sta per "Street People Armed with Radical Knowledge", un fluido gruppo di giovani in fuga che fanno della controcultura la propria personale/collettiva sintesi di individualismo irriducibile, affermazione del sé e aspirazioni comunitarie. Purtroppo o per fortuna, si tratta pur sempre di esseri umani, ed è inevitabile che alla fuga per la libertà intellettuale si sostituisca, prima o poi, l’auto-reclusione in una nuova, apparente forma di libertà che riproduce, più o meno consapevolmente, le autorità immotivate e le celle da cui si cercava, appunto, scampo…
Qui interviene però Ellen Page, splendida anche con i capelli metà rasati e metà a chiazze, e un personaggio che ancora una volta (come in Hard Candy e in Juno) sembra almeno in parte cucito addosso a lei: a forza di botte, compromessi, pensiero e azione Sherry sarà in grado davvero di autodeterminarsi, di scampare, forse, alla follia umana…
Pellicola decisamente fisica (la regista è anche una coreografa), Mouth to mouth si tiene alla larga dal concettuale anche se parla di autodifesa intellettuale e fonda il suo impianto proprio sul rifiuto delle soffocanti logiche sociali (la casa, il matrimonio, le aspettative condivise) e sul conseguente nomadismo prima mentale che corporeo. Fisica non solo per la danza, che a sorpresa irrompe in alcuni momenti fatidici (come la violenta discussione tra Sherry e sua madre, che la cerca per giorni fino a trovarla) disegnando la complessità dei rapporti tra i personaggi, e per la compenetrazione tra movimento e sentimento (come avviene in seguito alla prima morte di un membro del gruppo), ma anche per l’uso della luce e del buio, come in quella che è forse la più bella scena del film – i ragazzi in viaggio attraverso la notte e i fari di un’autostrada europea.