(unknown pleasures) Dearest, di Peter Ho-sun Chan

Per fortuna che nel cinema contemporaneo esistono registi del calibro di Peter Chan. Cineasti che non si vergognano di raccontare i sentimenti prendendo di petto la materia che hanno tra le mani

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Per fortuna che nel cinema contemporaneo esistono registi del calibro di Peter Chan. Cineasti che non si vergognano di raccontare i sentimenti prendendo di petto la materia che hanno tra le mani, potenziandola a dismisura potendo contare sulla qualità di un cinema e di un senso dello spettacolo innato. Dearest respira cinema e vita in ogni inquadratura. Racconta una storia assurda di rapimenti, indagini e adozioni che scopriamo invece essere realmente accaduta in Cina tra il 2009 e il 2012. Come nell’ultimo Father and Son di Kore-eda parliamo di genitori e figli, del sottile confine tra il legame biologico e quello affettivo, ma a differenza del cineasta giapponese il dramma da camera trae origine dalle fondamenta iniziali di un thriller che decide scena dopo scena di immergersi nel melodramma più spinto e assoluto.

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A una coppia di genitori divorziati viene rapito il figlio. Passano anni di ricerche senza fine, durante i quali i due familiarizzano con una associazione di famiglie che hanno vissuto la loro stessa tragedia. Poi un giorno arriva una segnalazione da una lontana provincia rurale. Il piccolo Pengpeng è cresciuto in una famiglia di contadini. Il capofamiglia rapitore è morto ed è rimasta solo la sua donna a occuparsi del bambino e di una sorellina forse rapita anch’essa, oppure semplicemente trovata abbandonata. Qui c’è una sequenza potentissima, estenuante, violenta, dove improvvisamente i parametri morali tra buoni e cattivi arrivano quasi a confondersi. I veri genitori di Pengpeng portano via il figlio dal villaggio, disperatamente inseguiti dalla donna e da una folla di contadini inferociti. E’ forse l’intrusione in un mondo rurale che non conosciamo, scandito da regole ancestrali, morbose, antimoderne. L’impressione di una serie di dicotomie tra città e campagna, lingua ufficiale e dialetto, progresso e tradizione attorno alle quali ruota la lucidità di Dearest che, a conti fatti, racconta proprio questa ambiguità di fondo. L’incompiutezza morale e pedagogica di una società che sta cambiando.

Scena dell’inseguimento. Peter Chan compie un miracolo. Attraverso un taglio di montaggio repentino, dopo aver seguito per un’ora le drammatiche vicissitudini di una famiglia in cerca del figlio rapito sposta l’attenzione sullo sguardo disperato della donna contadina che in un dettaglio pazzesco incrocia gli occhi del bambino immortalando un circuito amoroso inespirpabile su cui si concentrerà tutta la seconda parte. Una nuova odissea che avrà per protagonista la donna e il suo smisurato desiderio di essere madre.
Un film meraviglioso e impossibile.

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