(unknown pleasures) Stonehearst Asylum, di Brad Anderson

Brad Anderson (ri)apre le porte del manicomio-cinema più classico, quello che ama e rispetta, quello tratto da Edgar Allan Poe, che riecheggi il genere di Jaques Tourneur. Siamo all’alba del ‘900…

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Non credete a nulla di ciò che udite, credete alla metà di ciò che vedete”. Si inaugura così il Novecento, guarda caso in un’aula universitaria, dove la scienza e la medicina si avviano a scoprire tutto dell’uomo, illudendosi di prevederne gli istinti e curare le anime. Addirittura. È indubbiamente interessante come molti giovani cineasti tornino oggi (all’alba del nuovo millennio…) a ragionare di come l’uomo e la tecnica siano fortemente entrati in collisione all’alba del secolo breve, il ‘900 della luce e della guerra, dello “splendore” metropolitano e del “buio” delle ideologie. Ovvio che il paragone corra subito a Steven Soderbergh e alla sua impressionante lucidità: The Knick è probabilmente il testo (cinema? Televisione? I confini sono totalmente saltati) con cui in molti ci confronteremo nei prossimi anni, in quell’abisso sensoriale, percettivo e teorico che oltrepassa l’oggi per aprire crepe nell’oltre del nostro futuro. Brad Anderson non aspira certo a cotanta ambizione. Si ferma molto prima e (ri)apre le porte del manicomio-cinema più classico, quello che ama e rispetta, quello tratto spesso da Edgar Allan Poe, che riecheggi il genere di Jaques Tourneur o Edgar G. Ulmer. Siamo all’alba del ‘900 quindi. Il giovane laureato in medicina Edward (un Jim Sturgess ancora in versione Cloud Atlas, totalmente in balia del suo universo emotivo) si inoltra per lo sperduto paesaggio britannico per raggiungere il manicomio di Stonehearts Asylum, dove vuole misteriosamente essere assegnato. Ombre e nebbia, perturbante e ragione, Follia e Legge, tutto l’armamentario del gotico classico viene sciorinato con buona padronanza e onestissima efficacia. Il dottor Lamb (un Ben Kingsley “apparentemente” in versione Shutter Island) instrada il giovane collega ai suoi non ortodossi metodi di trattamento per la follia: niente farmaci, assecondare la malattia, non pretendere mai di curare.

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Il gioco delle messe in scena è presto scoperto, del resto il ‘900 sarà anche il secolo delle performance, dello spettacolo, dell’illusione e infine del cinema. Ovviamente. Nelle buie cantine del manicomio Edward scopre un altro mondo da illuminare, tanti altri personaggi che reclamano la luce, doppi che hanno perso la propria identità rubata dal folle Lamb e dai suoi pazzi. Medici o pazienti, e viceversa, chi ha la luce? Credi solo alla metà di ciò che vedi…

film9Adattando Il sistema del dr. Catrame e del prof. Piuma, racconto di E. A. Poe del 1845 che anticipa con pazzesca visionarietà tutti gli interrogativi del “prossimo” secolo, Brad Anderson dimostra ancora una volta la rara intelligenza di non voler strafare alzando troppo il tiro delle proprie ambizioni. Il suo si conferma un cinema che sonda il limite tra l’ombra (della ragione) e la luce (dei sentimenti), totalmente depurato dai blindati congegni nolaniani (nessun The Prestige ci travolge), inseguendo solo i suoi personaggi e il loro movimento. Perché tra la follia caritatevole-e-pericolosa del piano di sopra e la legge giusta-e-spietata del piano di sotto, Edward diventa il mediatore sentimentale che inaugura il ‘900 cercando un confine. E lo può fare solo perché è anch’esso preda di una violenta ossessione. L’amore. Anderson orchestra un film fieramente old stile, fatto di set palesemente ricostruiti, fotografia da vecchia Hollywood, attori a briglia sciolta e un magnifico oggetto del desiderio che cattura ogni sguardo: una Kate Beckinsale mai così bella e ipnotica. Il “miracolo di Edison” sta travolgendo tutti i mondi e Anderson asseconda ogni riflessione con la sana ingenuità dei suoi matti, restando lontano anni luce dalle vette di The Knick e dalla metropoli New York dove Soderbergh ridisegna nuovi orizzonti per l’immagine. Anderson, insomma, si accontenta di un manicomio d’estrema periferia dove nel sano rispetto del “mestiere del cinema” si rivendichi ancora un posto per due anime matte-e-sole capaci di incontrarsi e ballare in un film. Permettete quest’ultimo ballo?

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