"Vedi Napoli e poi muori", di Enrico Caria

Si parte dal paradosso che anche il cinema di denuncia e la denuncia stessa siano diventati una macchietta. E allora Caria lo stereotipo se lo cuce addosso, ci si tuffa dentro, se lo porta appresso: l'intellettuale napoletano scappato alla prima guerra di camorra che pretende di poter tornare a casa e capire tutto, riprenderlo, farci un documentario

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C'è un vecchio sketch della Smorfia che si chiama La sceneggiata, in cui Troisi Arena e De Caro dimostrano in maniera irresistibile ancora una volta l'impossibilità di rifuggire dallo stereotipo per raccontare la situazione disperata di Napoli e di tutto il Sud in mano a mafia e camorra (a Napoli si muore a tarallucci e vino…). Si finisce sempre nella scenetta di colore, in un vicolo notoriamente… dove la mamma di Ciro il Napoletano muore accoltellata dal 'fetente' Don Gennarino Parsifàl ("Don Gennarì siete fesso!"): Enrico Caria riparte proprio da questo, come chiamarlo, paradosso, quello che anche il cinema di denuncia – anzi la denuncia – ormai sia diventata una macchietta, che inserire un'intervista a Roberto Saviano o a Valeria Parrella in un documentario che si chiama Vedi Napoli e poi muori sia già diventato irrimediabilmente clichè, luogo comune come una qualunque delle palazzine di Scampia viste in una qualunque delle inchieste di un qualunque Michele Santoro: e allora, con l'arma della satira che è propria a questo autore (che lavora per Cuore e Le Iene, che scrive libri gialli e dirige anche film grotteschi), Enrico Caria lo stereotipo se lo cuce addosso, ci si tuffa dentro, se lo porta appresso – eccolo, l'intellettuale napoletano scappato dall'ombra del Vesuvio alle prime avvisaglie della prima guerra di camorra che pretende di poter tornare a casa e in un attimo capire tutto, riprenderlo, e farci un documentario: ecco Caria che si mostra sotto il Colosseo "vestito da napoletano", camicia aperta sul petto e sigaraccio in bocca; ecco il camorrista da operetta interpretato da Peppe Barra in Diciassette, film d'esordio del Caria regista, ripescato e frullato nel 'docufilm' insieme a tutta un'altra macedonia di fontiformatiefilmati che l'autore insieme al suo complice Felice Farina e al maestro del conforming Giuseppe Schifani hanno messo sul piatto di questo film. Piatto alto, perché Caria pare giocarsi tutto, il marchio e la condanna che si portano appresso quelli che vanno. E' onesto e appassionato il modo di Enrico Caria di sentire questo dilemma e di trasferirlo in queste immagini (ri)trovate(re)interpretate(ri)utilizzate: presepio tutt'altro che conciliante in cui fanno capolino statuine inquietanti di spacciatori e camorristi all'ombra di una palazzina di Secondigliano.

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Regia: Enrico Caria


Interpreti: Enrico Caria, Giulio Gargia, Felice Farina, Valeria Parrella, Roberto Saviano, Peppe Barra
Distribuzione: Istituto Luce


Durata: 75'


Origine: Italia, 2006

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