Venerdì 13, di Sean S. Cunningham

Uno degli horror-cardine degli anni ’80, tra Craven e Carpenter, oggetto poi di un pessimo remake del 2009. Da allota molti film di genere sono passati di qui. Stanotte, ore 3.10, Paramount Channel

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Lo sguardo inqueto dell’horror. Ravvicinato o a distanza. Venerdì 13, capostipite di una delle più famose saghe che all’epoca ha sbancato al box-office (quasi 40 milioni di dollari negli Usa e 60 nel mondo con un budget di 550.000), citato anche da Wes Craven in Scream, è uno dei film essenziali del genere d’inizio decennio anni ’80. Dove il prologo prima dei titoli di testa, ambientato nel 1958, si portava già dietro ‘l’occhio che uccide” di Carpenter di Halloween (ma anche di Argento di Profondo rosso), lo ‘slasher’ ma anche l’inquieto realismo proprio di Craven; non a caso il regista e produttore Sean S. Cunningham, che da qui ha di fatto creato una delle icone de genere, Jason Voorhes, è stato anche il produttore di L’ultima casa a sinistra.venerdì 13 robbi morgan

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Venerdì 13 giugno 1980. Camp Crystal Lake. Un gruppo di ragazzi sta allestendo un campeggio. Ma sul posto c’è una maledizione. Nel 1957 Jason, il figlio della padrona del campeggio era annegato. Poi due animatori sono stati uccisi. In una notte di luna piena, vengono fatti fuori quasi tutti. Sgozzati, pugnalati con un machete, appesi alla porta con le frecce. Sopravvive solo Alice.

Forse uno degli horror fondativi, tra i più imitati, oggetto anche di un pessimo remake del 2009 oltre che di sequel dove nessuno è all’altezza e solo i due diretti da Steve Miner (Venerdì 13 parte II: l’assassino ti siede accanto, 1981 e Venerdì 13 parte III: weekend di terrore, 1982) raggiungono un livello dignitoso. Innanzitutto l’uso dello spazio. I crimini non si consumano più in luoghi ristretti, da cui è impossibile fuggire. L’assassino può spuntare dappertutto. In ogni luogo. E la sua presenza può manifestarsi sotto più forme mutevoli. Dove basta anche la sola voce di uno speaker radiofonico akevin bacon in venerdì 13d alimentare la tensione.

Venerdì 13 non diluisce la suspense. Crea pochi dettagli e poi fa entrare l’assassino in azione. Come l’omicidio di un giovane Kevin Bacon che si accorge di una goccia di sangue che è caduta su di lui prima di essere fatto fuori. Tutto è funzionale, essenziale. Come le musiche di Harry Manfredini che sono presenti solo quando il killer è in azione. E l’esempio di ‘suspense muta’ si può vedere invece nella scena in cui un ragazzo manca di poco con la freccia del tiro con l’arco una coetanea.

Dentro Venerdì 13 l’horror diventa ancora metafora dell’atmosfera malata dell’America. Dove gli sguardi sinistri possono essere sempre nascosti ma continuamente presenti. Dalla soggettiva ravvicinata ‘carpenteriana’ iniziale con l’assassinio dei due animatori e della ragazza dell’autostop a quelli a distanza, quindi ancora più inquietanti nel campeggio. Dove la natura può diventare ostile (il temporale), dove la luce può essere più pericolosa del buio come quelle improvvisamente accese, quasi uno spettacolo sanguigno fuori/dentro il set. Dove possono arrivare echi di Romero attraverso Tom Savini: il serpente e soprattutto l’effetto finale sulla barca sono sue invenzioni. Forse, più di altri horror, si porta dietro i segni de tempo. Ma è una tappa necessaria per il genere.

Titolo originale: Friday the 13th

Regia: Sean S. Cunningham

Interpreti: Adrienne King, Betsy Palmer, Harry Crosby, Robbi Morgan, Kevin Bacon

Durata: 91′

Origine: Usa 1980

Genere: horror

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