VENEZIA 59 – La lentezza e il sorriso riconquistato: "Vendredi soir", di Claire Denis

Ecco un film in cui il cinema sembra volersi dotare, come la protagonista, di uno "sguardo nuovo" sulle cose e sulla realta'. Lo stile della Denis lascia il segno, per quel suo gioco ravvicinato sui corpi, per la Parigi inedita e confusa che ci mostra, per quella voglia di sorridere alla vita e alle sue meravigliose, quanto assurde, possibilita'

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Mentre il cinema italiano in Concorso alla Mostra si interroga (?) e gioca sul concetto di velocita' – anche se poi l'idea procacciana di un cinema nostrano giovane e provocatorio si scontra con il fatto che non tutti sanno girare bene come Muccino – appena un po' piu' in la', dall'altra parte delle Alpi i nostri cugini francesi teorizzano e praticano il concetto di lentezza. Nella sezione Controcorrente (e chissa' perche' non in Concorso) si e' visto ieri una delle poche gemme (finora) di questo Festival, Vendredi soir di quella Claire Denis, che gia' tre anni fa ci aveva sbalorditi con il suo Beau Travail.

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E' inverno, la sera sta per sopraggiungere su di una Parigi bloccata dalla pioggia e dal traffico impazzito per lo sciopero dei mezzi pubblici. Laure (Valérie Lemercier) sta per compiere un passo importante nella sua vita attuale: abbandonare la sua vecchia casa e trasferirisi in quella dell'uomo che ama. Prepara i pacchi con le sue cose, pronta a recarsi a cena in casa di amici, prima di andare da lui… Ma in strada e' tutto un caos, le auto sono incastrate e migliaia di parigini trascorrono il loro venerdi' sera intrappolati nelle loro autovetture ingorgate. Laure e'una di questi parigini, ascolta la radio e pensa al suo futuro, mentre la radio esorta  gli ascoltatori ad essere piu' disponibili con gli altri, magari invitando qualcuno a piedi nella pioggia nella propria auto. Laure sembra seguire il consiglio ma il ragazzo cui offre l'invito rifiuta, "faccio prima a piedi", le risponde. Il tempo cosi' scorre lento, con le gocce che scivolano sul parabrezza e sembrano solcare il volto non piu' giovanissimo di Laure. Improvvisamente uno sconosciuto le bussa al finestrino e le chiede un passaggio, lei lo fa salire e…inizia un'altra storia.


Claire Denis apre il film scoprendo lentamente una Parigi quasi sonnecchiante, sorvolando i tetti grigi della citta', sbirciando dalle finestre, mostrandoci squarci di una serata urbana qualunque, e proprio per questo fondamentale e necessaria. Cosa saremmo senza la vita quotidiana? Cosa sarebbe la vita se fosse ridotta allo sguardo dominante del cinema d'oggi, incapace di guardare oltre la superficie, di innamorarsi dei particolari, dei dettagli, persino dei difetti delle cose persone ecc…??


E allora ecco Laure muoversi con un po' di emozione in questo suo venerdi' sera particolare ma allo stesso tempo proprio come tanti altri, immergersi nel caos urbano piena dentro di se' di una nuova felicita' inespressa, unita a una giusta dose di paura, quel battito aritmico che sentiamo dentro di noi quando la vita sembra riservarci qualcos'altro…  Ed' e' nei particolari che la Denis si sofferma, unendo il suo sguardo a quello "nuovo" di Laure, che lentamente riscopre il piacere di impossessarsi della realta' che la circonda, perche' quando ci sentiamo "nuovi dentro" anche il mondo esterno ci appare del tutto cambiato e, improvvisamente, interessante. "Se la guardi a lungo ogni cosa diventa interessante" diceva un personaggio di un altro film (dimenticato) di questo Festival "autunnale". E per Laure tutto sembra avere un nuovo "senso". Quando improvvisamente questo suo momento si incontra con il mondo misterioso e oscuro di Jean (Vincent Lindon), che sale nella sua auto e con il quale inizia una nuova, particolarissima "relazione", fatti di sguardi  con la coda dell'occhio, guardando una mano, un pezzo della fronte, il collo, e tutti i mille frammenti di cui e' fatto un uomo. E' in questo contesto di lentezza obbligato (l'ingorgo), che spezza la freneticita' della vita metropolitana, che Claire Denis affonda la sua macchina da presa, inscenando poi un rapporto fatto di silenzi, di una strana complicita', fisico ma allo stesso tempo tenero e "maturo".

Forse la seconda parte di Vendredi soir ci appare piu' convenzionale nella struttura narrativa, rispetto alla sbalorditiva ed emozionante prima mezzora del film che davvero sembra voler "ricominciare da capo", nella logica del raccontare le storie, ma pure qui lo stile della Denis lascia il segno, per quel suo gioco ravvicinato sui corpi, che sembra far si che lo spettatore abbia quasi un amplesso amoroso con i suoi personaggi, con il suo film, talmente siamo gettati dentro la storia, dentro al letto che accoglie i corpi di Jean e Laure, dentro i piatti con le pizze, dentro le loro vite giunte chissa' per quale scherzo del destino a un incontro imprevisto e, forse, insensato. E alla fine ci delizia con quella corsa di Laure in strada al mattino, non una fuga da Jean, ne' dalla realta', ma un gesto forsennato di insana felicita', come se forse, per la prima volta, fosse possibile cominciare davvero a sorridere (alla vita).

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