VENEZIA 59 – "Ripley's Game" di Liliana Cavani (Fuori concorso)

Staticità emotiva e approssimazione stilistica: ecco le cifre che contraddistinguono questo inutile e noioso prodotto già pronto per una prima serata televisiva.

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Dopo parecchi anni di silenzio, Liliana Cavani torna in cabina di regia con Ripley's Game (Il gioco di Ripley), film dichiaratamente di genere presentato qui a Venezia fuori concorso. Tratto dall'omonimo romanzo di Patricia Highsmith – lo stesso che ha ispirato il Wenders de L'amico amerikano – questo thriller interamente avvolto sulla figura del criminale Tom Ripley è una spirale di violenza che cresce lentamente fra omicidi su commissione e vendette di bande mafiose, fino ad esplodere in un finale inaspettato, un epilogo che alle precise equazioni di un teorema di morte e sopravvivenza oppone le logiche deliranti dell'amicizia e degli affetti.

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Quasi costretta dalle atmosfere e dallo sviluppo di una storia che sembra già tutta inscritta nelle pagine della Highsmith, la Cavani tenta di forzare le regole narrative del plot diradando la tensione in una rarefatta orizzontalità che è soprattutto l'esplorazione degli spazi e degli oggetti che segnano l'esistenza di Tom Ripley, la sua quotidianità sospesa fra le lussuose stanze di una villa palladiana e l'amore per una giovane concertista (una Chiara Caselli spenta più che mai). Questo almeno nelle intenzioni, perché, con il trascorrere dei minuti, il film più che raffreddato nei suoi elementi noir appare solo appiattito da una regia oltremodo convenzionale, segnata dal passo e dalle tipiche movenze di uno sceneggiato televisivo. Come spesso accade nel cinema didascalico e agiografco della Cavani, tutta la messa in scena si arrotola e arriccia  pericolosamente sulle espressioni del protagonista principale – un John Malkovich decisamente sotto tono – implodendo in una narrazione atona e monotona, chiusa nella circolarità del volto e dei luoghi attraversati da quell'unico personaggio. Staticità emotiva e approssimazione stilistica: ecco le cifre che contraddistinguono questo inutile e noioso prodotto già pronto per una prima serata televisiva.


 


 

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