VENEZIA 59 – "Rokugatsu No Hebi" (A Snake of June) di Shunya Tsukamoto (Controcorrente)

Uno spazio circolare segnato da ricorrenze e ripetizioni, da ciclici passaggi di desiderio in delicato equilibrio umorale fra vertigine del reale o alienazione del virtuale, racchiuso in un set disseminato di orifizi, fori, interfacce cronenberghiane

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E' sempre il corpo con le sue protesi, i suoi attributi, i contagi e le contaminazioni fisiche e materiche, l'attore principale delle parabole desideranti del cinema del giapponese Shinya Tsukamoto: da Tetsuo a Sôseiji – Gemelli, attraversando in frenetico movimento le sequenze liquide e piovose di quest'ultimo A Snake of June, l'obiettivo della m.d.p. è solo una lente d'ingrandimento sull'epidermide di corpi in perenne mutazione, aperti al divenire della carne da un desiderio irrefrenabile. Qui le metamorfosi fra uomo e macchina, organico e inorganico, protagoniste di Tetsuo e Tetsuo II – The Body Hammer, cedono volentieri il passo alle scosse di passione che lacerano la pelle di una donna divisa fra un ménage con il marito ormai insoddisfacente e il desiderio represso di una sessualità altra, di un contatto con quel fuori che solo può rigenerare un dentro in pericolosa decomposizione biologica. Così, il gioco erotico con un ex paziente in fin di vita della giovane donna diventa teatro e metafora di un triplice scambio di sguardi di amore e violenza, quasi uno luogo fisico ancor prima che mentale dove è ancora possibile alimentare l'attrazione per la fisicità dell'altro. Uno spazio circolare segnato da ricorrenze e ripetizioni, da ciclici passaggi di desiderio in delicato equilibrio umorale fra vertigine del reale o alienazione del virtuale, racchiuso in un set disseminato di orifizi, fori, interfacce cronenberghiane,  misteriosi punti d'accesso a quell' "oscuro oggetto del desiderio" che è l'accarezzare la superficie dell'amante.   

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Mentre ogni inquadratura  è come un utero che accoglie, in tutta la sua consistenza liquida e amniotica, l'unico corpo fetale di un uomo e una donna che tornano a parlarsi con un semplice gesto carnale, riscoperti a se stessi da un occhio estraneo e curioso (lo scatto fotografico e l'inquadratura filmica), avvolti da un misteriosa placenta di sangue e celluloide.

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