VENEZIA 60 – "Adoro la pioggia": incontro con Tsai Ming-Liang

Tsai Ming-Liang si presenta in conferenza stampa accompagnato da svariati membri della troupe, vestito di bianco, tanto che il piccolo e sorridente regista, nato in Malesia nel '57, quasi si confonde con il tavolo bianco del salone del Casinò.

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Come era prevedibile le domande, poche, che si dilatano nel percorso doppio di traduzione italiano-cinese, vertono innanzutto sul contenuto e sulla spiegazione dei motivi che hanno spinto l'autore di Che ora è laggiù a condensare nello spazio di una sala cinematografica le atmosfere e la poetica del suo cinema. Contemporaneamente Tsai sottolinea come la scelta di proiettare sullo schermo il film epico di King Hu, adottandone anche il titolo, sia dovuta non solo alla fama di un'opera entrata nell'immaginario collettivo asiatico, ma si collega alla sua visione della fine di un cinema emozionale e di massa. La chiusura dei cinema con una sola sala, che avviene in Bu San come una (in)evoluzione economica e di distribuzione delle pellicole ma sancisce il tramonto di uno spazio in cui si intrecciano esistenze e pulsioni che vanno e vengono dallo schermo agli spettatori. Il tutto, come sempre nei suoi film, affogato continuamente nella pioggia.

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Perché un film su un vecchio cinema?


Più che una scelta personale lo considero un richiamo da parte della vecchia sala che mi ha chiesto di farci le riprese, di rivivere ancora una volta. Queste strutture sono scomparse in seguito all'evoluzione economica asiatica, e non solo. Ricordo che quando ero bambino, in Malesia, nella mia città ce n'erano 7 o 8, in seguito mi sono trasferito a Taiwan e quando sono tonato erano tutte chiuse. Negli ultimi anni mi è capitato spesso di sognare che andavo a vedere film in questi cinema, che per me è senza limiti, nel senso che si possono incontrare persone di ogni tipo, come accade in Goodbye Dragon Inn e avveniva appunto quando mi ci recavo prima da bambino poi da adolescente.




Con la sala che vediamo nel film ha un rapporto particolare?


La conoscenza di questo cinema è avvenuta durante le riprese di Che ora è laggiù, quando l'abbiamo utilizzata per alcune scene. Un po' di tempo dopo mi è capitato di incontrare il proprietario, che mi ha detto che l'avrebbe venduta e probabilmente sarebbe diventato altro; allora ho chiesto al mio produttore di affittarla, mi rattristava l'idea che anche quel cinema venisse chiuso per sempre. Goodbye Dragon Inn è fatto di riprese molto lente, che contrastano con le immagini del film di King Hu che passa sullo schermo… Forse questo film conta molte riprese lunghe e statiche perché non riuscivo a fermarmi finchè il mio direttore della fotografia non mi diceva che era terminata la pellicola. Sono molto legato alle atmosfere di queste sale, le adoro. Oggi si vive in un'atmosfera surreale quando si va al cinema, la gente è sempre concentrata sugli avvenimenti che avvengono sullo schermo perché quasi tutti i film vogliono raccontare storie, spesso anche intricate, io invece non ho niente da spiegare, voglio che passino le mie emozioni e il pubblico ne diventi partecipe, poi se una ripresa dura 1 minuto o 5 non ha importanza. Spesso la percezione cambia con gli spettatori: quando ho finito questo film l'ho proiettato alcune volte per rendermi conto delle reazioni possibili del pubblico e alcuni mi hanno detto addirittura di allungarle. Comunque, alla fine, è importante quanto alla gente rimane dopo la visione, non la durata.




Perché ha scelto proprio Dragon Inn?


La prima volta che l'ho visto avevo 11 anni e per un bambino, in Asia, soprattutto tra gli anni '70-'80 era normale vedere tantissimi film di arti marziali. La costanza erano le scene d'azione, i duelli, melodrammi semplici e di molti non ricordavo neanche la trama, ma quando vidi Dragon Inn fu un evento! Già allora capivo che era molto di più di un film sulle arti marziali, i personaggi sono veri: mangiano, bevono, non volano e non vivono melodrammi, sono soli… E' un film che più lo guardi e più ti piace, per la sua forza e per il carattere dei personaggi, che è entrato nell'immaginario di milioni di persone, passando di generazione in generazione. Poi l'ho scelto anche per motivi fatalistici. Il personaggio che fa il cattivo nel film di King Hu ha recitato il ruolo del padre in molti dei miei film negli ultimi dieci anni; quando muore, nella prima sequenza di Che ora è laggiù molti hanno pensato che fosse scomparso dal mio cinema e a me questo inquietava, allora ho pensato che potesse impersonare uno spettro e gli ho inventato il ruolo di un anziano che va a vedere il suo primo film. C'è anche un altro attore che recitava anche in Dragon Inn, forse è un po' crudele ma ho voluto far recitare due maestri di fronte alla loro immagine da giovani… che assaporassero anche la capacità di fissare la giovinezza dei loro volti. Ringrazio King Hu, anche se è scomparso e i due attori.




Le locandine all'ingresso del cinema che inquadra più volte hanno un significato particolare?


No, sono le stesse che erano rimaste prima della chiusura, ho lasciato tutto così com'era.




Perché, in questo come in tutti i suoi film ricorre sempre la pioggia?


Io adoro la pioggia, e penso che in questo momento anche qui da voi la desiderate fortemente… Non so per quale motivo, ma la mia vita è sempre stata legata alla pioggia, quando abitavo in Malesia il soffitto della mia stanza gocciolava, sono andato a Taiwan ed era la stessa cosa, addirittura quando ho affittato un appartamento a Parigi alle prime piogge il soffitto ha iniziato a gocciolare. Mi segue ovunque e ne sono felice.

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