VENEZIA 60 – "Vozvrascenje" (The Return), di Andrej Zvjagintsev (Concorso)

opera prima che, per la freschezza dello sguardo, ricorda le prime opere di Polanski nel suo essere stretto tra il desiderio di raccontare e la tensione forte che spinge lo sguardo a studiare gli oggetti e gli umori del mondo.

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La scoperta del mondo, della vita, delle proprie capacità, nel film Vozvrascenje (Il ritorno), opera prima del regista russo Andrej  Zvjagintsev che, per la freschezza dello sguardo, ricorda le prime opere di Polanski nel suo essere stretto tra il desiderio di raccontare e la tensione forte che spinge lo sguardo a studiare gli oggetti e gli umori del mondo. All'improvviso, nelle vite assonnate di due giovani fratelli, irrompe il ritorno del padre, assente dalla loro vita degli ultimi dodici anni, figura sconosciuta che neppure si sa come e dove collocare all'interno di uno spazio (fisico ma ancor più esistenziale) che ha già un suo proprio, forse inconsapevole equilibrio. Lo vedono per la prima volta, anzi, lo scoprono, mentre dorme, poco dopo il suo arrivo così silenzioso e inspiegato e lo osservano, intimoriti e arroganti in auto, nel viaggio che li porta prima in città e poi a pescare su un'isola disabitata e sperduta. Da questo momento inizia per i due ragazzi la vera e propria scoperta, che è prima di tutto visione del mondo, sua trasfigurazione, attraverso il gioco del binocolo e della macchina fotografica, e poi conoscenza e quindi crescita e disillusione.

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La parabola segue tutte le tappe della consuetudine. Classica e per questo ancora valida perché toccante, storia che ci appartiene, che possiamo osservare da vicino, dalla prospettiva della nostra conoscenza. Non a caso si compie un lento processo di allontanamento della macchina da presa dai corpi che nei primi minuti aveva quasi aggredito e sui cui indugiava, lento, in sospensione e in attesa,  per meglio vederli e con i quali più a fondo identificarsi. Poi si passa alla contemplazione del paesaggio, all'ascolto dei suoni e dei rumori di una natura ancora selvaggia, nella sua bellezza e crudezza, sfiorando continuamente la possibilità di perdersi nella foresta che sorge ai margini della spiaggia, o nella confusione dei pensieri.


Lo sguardo si sdoppia, via via, attribuito all'uno e all'altro dei due fratelli,  due modi diversi e complementari per reificare l'oggetto della visione, renderlo vero e concreto davanti a sé, attribuire finalmente un posto a questo padre   dai modi così duri, ma al tempo stesso caldi. Il più grande, inebriato dalla sconosciuta  presenza paterna, lo segue, l'osserva, lo asseconda, il più piccolo, invece, sceglie la via del contrasto, ma la fine è identica per entrambi e porta alla conoscenza, di sé, non di quell'uomo che vedranno sparire nelle acque del lago, attorno al quale resterà il mistero più fitto.


 


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