VENEZIA 61 – "Izo", di Takashi Miike (Orizzonti)

Takashi Miike è una scheggia sacrilega che sbrindella la cinematografia nipponica. In Izo fagocita rimandi e flussi del passato vicino e lontano. È una macchina da guerra che affonda da ogni angolazione lasciando lo spettatore indifeso e agonizzante. Repentini e sistematici cambi di registri narrativi sono gli unici indizi.

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Takashi Miike è una scheggia sacrilega che sbrindella la cinematografia nipponica. In Izo fagocita rimandi e flussi del passato vicino e lontano. È una macchina da guerra che affonda da ogni angolazione lasciando lo spettatore indifeso e agonizzante. Takashi è il genere e non fa generi: l'unico e flebile appiglio che ci lascia per aggrappare le coordinate di tutto questo marasma, è il suo repentino e sistematico cambio di registro narrativo. Dall'horror The Call al delirio anatomia di un giustiziere, al massacro compiuto da un assassino. Con immagini di repertorio del periodo bellico parte la vendetta. La guerra raccontata da una barista di Shoei Imamura (Takashi n'è stato l'assistente) torna alla mente così come Kurosawa e i suoi samurai. Il campo è minato e le dimensioni spazio/temporali echeggiano tuoni proiettivi. Izo è un samurai e spadaccino ai tempi della decadenza dello Shogunato, soprannominato "Il Macellaio". Viene condannato a morte. Ma il desiderio di vendetta spinge la sua anima alla reincarnazione. Si ritrova nell'epoca contemporanea: un demone dalle sembianze umane che ha sete di sangue. Non può placarsi, neanche quando l'uomo che intende uccidere è Sua Altezza Imperiale. Il percorso è complicato da comprendere, ma intrinseca è la coerenza di un autore che non conosce limiti errando follemente dal mercato video (China Mafia Senso) a momenti d'evasione dalla violenza (Chugoku no chojin). Izo è folle, insaziabile: catalizza il male fino alla fine del mondo, controverso distacco del linguaggio dalla vita terrena e bestiale metafora della corruzione che ancora attanaglia le viscere e la mente. Nei secoli la storia si ripete e l'incubo si alimenta dei bisogni primari. A condividere devianze creative compare Takeshi Kitano, primo ministro nel mirino del demone che si fa testimone in un autentico territorio di sperimentazione dove la visionarietà si libera d'ogni forma razionale e naturalistica. La carne invulnerabile è il paradosso dell'esistenza che non vedrà paradisi e inferni ma è condannata a riciclarsi nel riflusso onirico e sadico della colpa.            

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