Venezia 61 – Più che buone le premesse e le promesse…

Gianni Amelio, Guido Chiesa e Michele Placido gli italiani in un Concorso che vede in gara cineasti come Claire Denis, Amos Gitai, Hou Hsiao-hsien, Wim Wenders e Hayao Miyazaki. Ma al Lido si vedranno le ultime opere, Fuori Concorso, di Antonioni, Wong Kar-Way, Chabrol, Jonathan Demme, Michael Mann, De Oliveira, Otomo e Spielberg

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"Una mostra di grandi film che spazia a 360° per tematiche e regioni di provenienza". Queste le prime parole che il neo direttore della 61esima edizione della Mostra del cinema di Venezia ha pronunciato in occasione della conferenza stampa di presentazione tenutasi a Roma. Dopo una breve introduzione di Davide Croff, attuale Presidente della Biennale di Venezia, la popolosa e variegata platea di giornalisti, produttori ed addetti ai lavori presenti numerosi per l'occasione, ha smesso di rumoreggiare per concentrarsi sulle parole di un direttore che da subito ha promesso una Mostra diversa e qualitativamente più ricca degli ultimi dieci anni. L'obiettivo perseguito dagli organizzatori in questi frenetici mesi di programmazione è stato quello di snellire l'offerta complessiva a favore di una più funzionale e meritoria programmazione mirata a portare sugli schermi del Lido quanto di meglio la recente produzione cinematografica abbia da offrire. Ben 1892 il numero complessivo per i titoli visionati e 71 il numero dei lungometraggi in pellicola che verranno proiettati durante i dodici giorni della kermesse.

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"Non tutti i tentativi di rinnovamento sono vani in partenza. – continua nel suo divertito intervento Muller approdato alla conduzione della Mostra dopo un recente passato di attivo produttore e promulgatore di pellicole anche estreme – "Basta voler affrontare ancora dei rischi, provare soluzioni dimenticate, sperimentare il nuovo ma senza per questo spettacolarizzarlo, immergersi nelle singolarità dei film ma senza coprirsi le spalle con le ideologie, sbarazzarsi del mito della lingua "universale" del cinema per essere pronti al dialogo delle diverse culture e dei diversi modi di fare cinema". Effettivamente a sfogliare la pesante e voluminosa cartella stampa data in dotazione agli auditori (insieme all'immancabile gadget di uno degli sponsor di turno) si rimane piacevolmente sorpresi dai nomi importanti e lodevoli che si susseguono nelle diverse categorie: In concorso, Fuori concorso, Orizzonti, Mezzanotte, Cinema Digitale, Corto Cortissimo. Tre le pellicole italiane in concorso: "Le chiavi di casa" di Gianni Amelio, "Lavorare con lentezza" di Guido Chiesa e "Ovunque sei" di Michele Placido. Accanto a loro de Oliveira, Claire Denis, Amenabar, Amos Gitai e molti altri nomi che promettono un tipo di cinema estremamente differente per prerogative e stili. Respiro internazionale senza tralasciare la produzione locale, tante anteprime (il forte richiamo di Spielberg con il suo nuovo "The Terminal" per la serata d'inaugurazione, la futuristica animazione di Otomo Katsuhiro con "Steamboy" per la serata conclusiva) e pellicole appartenenti al passato, ma il cui influsso ancora si fa sentire, per l'attesa retrospettiva. Non solo forma dunque (ricordiamo per l'ennesima volta il restyling della facciata del Palazzo del Cinema ad opera del grande Dante Ferretti e dell'architetto Matteo Thun), ma soprattutto il contenuto sarà protagonista della manifestazione in programma dal 1 al 11 settembre, che da un particolare benvenuto all'animazione con il maestro Hayao Miyazaki in concorso e rafforza l'importanza delle nuove frontiere artistiche del digitale. Attesa per la consegna dei Leoni d'oro a de Oliveira e Donen. Inevitabilmente con il prolungarsi dell'incontro la platea si distrae, si alza, vocifera, si incontra e si saluta per disperdersi, infine, nelle grandi sale dell'hotel Excelsior in attesa di guadagnarsi, a volte anche faticosamente, un posta in prima fila alle proiezioni.


 

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