VENEZIA 61 – "Vera Drake" di Mike Leigh (Concorso)

Rispetto a "Segreti e bugie" e soprattutto "Tutto o niente", clamorosamente Mike Leigh gioca di sottrazione; inaspettatamente infatti "Vera Drake" ci appare di gran lunga il suo miglior film, totalmente appassionato e aderente alla storia che racconta senza, rispetto al passato, alcuna manipolazione sentimentale.

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Dal titolo appare quasi una biografia eppure è soltanto una storia verosimile. Vera Drake, uno dei favoriti per il Leone d'Oro, rappresenta un'altra analisi del cinema di Mike Leigh nelle working-class, è ancora una volta la rappresentazione di una quotidianità fatta di azioni replicate, gesti consueti, frammenti di utopie definitivamente negate. Ambientato a Londra nel 1950, in effetti Mike Leigh segue sin dall'inizio la vita di Vera, una donna sposata e madre di due figli. La famiglia non è certo agiata, ma hanno tutti un impiego. La protagonista soprattutto lavora come donna delle pulizie oltre ad assistere l'anziana madre e un vicino invalido. Ma Vera però ha anche un altro impiego del quale in famiglia nessuno è al corrente: pratica aborti clandestini senza accettare denaro per aiutare giovani donne a interrompere gravidanze indesiderate. I problemi per Vera cominciano quando una di queste viene ricoverata d'urgenza in ospedale e la polizia risale a lei.

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Rispetto a Segreti e bugie e soprattutto Tutto o niente, clamorosamente Mike Leigh gioca di sottrazione. Non è più una rappresentazione ossessiva del dolore dove i protagonisti vengono come sfiniti e martoriati. Dopo l'inizio descrittivo della vita di Vera, il realismo del cinema del cineasta inglese prende direzioni inattese dal momento in cui mostra la donna a contatto con le giovani donne che vogliono abortire. Vera Drake non si allinea più in quel contrasto di classi sociali raccontate anche con una certa efficacia ma diventa oscuro, inquietante, un pulsante e imprevedibile melodramma pieno di zone d'ombra (la famiglia che non sa dell'attività di Vera), di una tensione in cui c'è il presagio che qualcosa sta per avvenire nella vita della protagonista ma che Leigh ritarda con grande maestria. In confronto a gran parte della filmografia precedente – del quale si salva in parte solo Topsy-Turvy – Vera Drake ci appare di gran lunga il suo miglior film, totalmente appassionato e aderente alla storia che racconta senza, rispetto al passato, alcuna manipolazione sentimentale. Ci sono immagini forti e inattese nell'opera di Mike Leigh come il primo piano sulla donna quando arriva la polizia a casa sua oppure la passeggiata silenziosa del marito dopo aver appreso che la moglie pratica aborti clandestini. La descrittività della prima parte diventa racconto intimo e sofferto nel secondo, evidente anche nella scena del processo dove la vicenda si carica di una tragicità intensa e non ruffiana. Vera Drake, che vede come protagonista una grande Imelda Staunton, è la sorpresa per chi non ha mai amato il cinema di Mike Leigh. Ma è anche un falso racconto biografico dietro al quale ciò che si evidenzia è la distruzione di un sogno. Non un grande sogno, ma un sogno comune, quello di una vita non agiata ma dignitosa, fatto di piccoli desideri. Un sogno che non a caso si frantuma nella scena del fidanzamento della figlia, in cui si passa dal rumore al silenzio. Poi tutto diventa più buio.

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