VENEZIA 62 – "Desideravo avvicinarmi ad un periodo brevissimo di contro-esodo nel quale si attuò un ribaltamento inusuale: tanti italiani migravano dal Nord e dal Centro verso il Sud!". Incontro con Pupi Avatie il cast di "La sec …

Avati trasla dalla sua Bologna alla Puglia, ambientando alla fine della seconda guerra mondiale la vicenda del "fool" Giordano/Albanese, deciso a sopportare l'infido nipote Nino/Marcorè per sposarsi la vedova del fratello Lilliana/Ricciarelli, sotto lo sguardo inacidito di due zitelle d.o.c. come Marisa Merlini e Angela Luce

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Nella Puglia del dopoguerra traslocano, per sfuggire alla miseria, Lilliana (Katia Ricciarelli) e il figlio opportunista e imbroglione Nino (Neri Marcorè), ospiti a Torre Canne del folle cognato Giordano (Antonio Albanese), infatuato della vedova Liliana e pronto a sposarla, che vive con due vecchie zie nella tenuta di famiglia e si tiene "occupato" sminando rudimentalmente i campi circostanti.

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Signor Avati ci può spiegare la sua scelta di non far recitare i suoi attori nei dialetti di provenienza dei personaggi?


 


Avati: Dopo più di 35 anni di carriera ho imparato che a cercare di imitare i dialetti si finisce per scimmiottarli. Albanese avrebbe anche potuto fare il pugliese, come ha già dimostrato nei suoi personaggi comici televisivi, ma gli ho chiesto di essere sé stesso perché se si fosse sforzato a imitare la parlata locale si sarebbe deconcentrato dal ruolo e questo, di conseguenza, avrebbe perso forza.


 


Cosa pensate di aver donato a questo film?


 


Ricciarelli: Ho cercato di metterci tutta me stessa in questa nuova esperienza ed è stato facile sotto la guida premurosa di un maestro come Pupi e i consigli fraterni dei colleghi. Il primo giorno sul set risentirmi una debuttante dopo più di 30 anni di carriera lirica sul palcoscenico mi ha procurato strane sensazioni, ma chi mi conosce sa che amo le sfide. Ammetto di non aver vissuto le difficoltà dell'immediato dopoguerra nel quale è ambientato il film ma so cosa significhi "guadagnarsi la pagnotta", l'arte di arrangiarsi insomma.


 


Albanese: E' stato un immenso piacere entrare in un "corpo" che ho amato subito. Il mio personaggio, a mio parere, è estremo e modernissimo per la sua bontà e genorisità incondizionata verso il mondo.


 


Marcorè: Occorre sempre arrivare agli strati più profondi di sé stessi per raggiungere quelli del personaggio che s'interpreta e in questa seconda esperienza con i fratelli Avati (Antonio è il produttore, Ndr) dopo Il cuore altrove ho avuto la conferma che con loro non è possibile limitarsi, lavorare "con la mano sinistra" e con poco impegno.

Qual è la funzione dell'ironia nel film?


 


Avati: Penso di aver dato vita ad un mondo grottesco, spinto sul limite e il personaggio di Giordano lo dimostra essendo in attesa da 35 anni della donna amata. Così per attutire la pressione di questa situazione storica e territoriale ho deciso di utilizzare piccoli tocchi d'ironia per alleggerire la materia del film.


 


Perché ha scelto, oltre alla sua solita Bologna ad inizio pellicola, l'ambientazione pugliese?


 


Avati: Desideravo avvicinarmi ad un periodo brevissimo di contro-esodo nel quale si attuò un ribaltamento inusuale: il Sud nell'immediato dopoguerra divenne una sorta di isola felice e dal Centro e dal Nord dove la situazione era molto più difficile, più agitata molti migravano verso questa zona realativamente più tranquilla e in cui era più facile procurarsi un boccone da mettere sotto i denti. Inoltre le locations pugliesi già mi avevano colpito ai tempi de I cavalieri che fecero l'impresa e volevo ritornare a girarvi. 


 


Ci può spiegare il perché di questa dedica finale ai bambini colpiti dalle mine quando il film aveva preso tutt'altra piega e senza specificare, poesia a parte dei bambini che "brillano" per le esplosioni più o meno mortali, magari che l'Italia è anche uno dei maggiori produttori di queste macchine di morte che colpiscono i più indifesi?


 


Avati: Credevo fosse implicito nella dedica le cose alle quali accennava adesso. Comunque il carattere e il modo di affrontare la propria esistenza del protagonista mi hanno fatto pensare molto all'ingenuità, alla purezza e anche all'immaturità di uno dei bambini di Porretta Terme, di Marzabotto, dei luoghi dove ho trascorso la mia infanzia.  

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