VENEZIA 62 – "The descent", di Neil Marshall (Concorso)

Marshall fa il tentativo di introdurre in “The descent”, qualche elemento di novità, il film funziona soprattutto fin quando resta sospeso sull'aspetto psicologico dei personaggi. La sterzata effettistica e truculenta abbassa, inevitabilmente, l'interesse. Ma Marshall è da tenere d'occhio.

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Neil Marshall, nutritosi della filmografia carpenteriana e della letteratura più estrema del settore (Herbert più di King), fa il tentativo di introdurre nel suo film, prettamente di genere, qualche elemento di novità o di recuperarne qualche altro da tempo trascurato. Il tentativo è parzialmente riuscito.

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Sei amiche, dopo la morte del marito di una di loro, si danno appuntamento per una spedizione speleologica. Sapranno da Juno, che ha organizzato l'escursione, che quelle grotte non risultano essere state mai esplorate prima. Troveranno terribili sorprese.


All'interno di questo plot gli elementi di novità che spiccano riguardano: i personaggi, tutti femminili e virilmente pronti per la spedizione e l'esplorazione del ventre della terra, con metaforici rimandi al corpo femminile che pare farla da padrone in questo horror inglese.


La presenza delle ulteriori componenti del genere: claustrofobia, paura del buio, angoscia, discendono da una consumata tradizione che Marshall utilizza con la sapienza, anche spettacolare, di chi conosce le reazioni del pubblico. Ciò gli permette di permanere in quell'area di insistita suspense e di forte coinvolgimento emotivo che, attraendo e respingendo lo spettatore, fa funzionare il film, soprattutto nella prima parte. In quella parte cioè in cui il gioco di Marshall resta sospeso sull'aspetto psicologico dei personaggi e nella quale la storia si arricchisce di sussulti emotivi grazie anche all'indagine sulle dinamiche di gruppo che attribuisce spessore alle protagoniste e per rimando, alla stessa trama.


La sterzata effettistica e truculenta nel proseguire della storia, alzando il tiro sull'aspetto più di genere, abbassa, inevitabilmente, l'interesse e il film si avvia a ripercorrere le tracce di una tradizione splatter legata più alle poetiche romeriane che a quelle carpenteriane, uno splatter senza l'ironia del sottogenere trovandoci qui nel campo dell'horror fantastico.


Il colpo di coda finale, approvato dagli stessi produttori, inatteso e cupamente dissolutorio, risolleva l'interesse. Peccato, se Marshall avesse osato di più al fine di mantenere la stessa autonomia narrativa che è riuscito a dimostrare nella prima parte e in quella finale, il film ne avrebbe tratto giovamento.


Ma Marshall ha tutti i numeri per lavorare su queste tracce e la performance non va sottovalutata. Il regista inglese è uno di quelli da tenere d'occhio.

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