VENEZIA 63 – "Devil Wears Prada", di David Frankel (Fuori Concorso)
Dalla trasposizione del romanzo re della chick lit il film sorpresa della Mostra. Obiettivo e mitizzante, di ritmo serrato, il film di Frankel tocca la commedia nera e immortala icone umane e urbane; la sceneggiatura e le interpretazioni, senza mai una caduta, legano lo spettatore senza che se ne accorga
David Frankel, regista prima di tutto televisivo ('Sex and the city'), realizza un film sorprendente, senza sbavature né cadute di stile, senza banalità e di ritmo serrato. Racconta in modo obiettivo e insieme mitizzante – ma senza esasperazioni – New York, i suoi abitanti e la sua atmosfera. Fa di Anne Hathaway, che già spiccava in Brokeback Mountain, un personaggio in continua evoluzione estetica ed emotiva, in cui contemporaneamente può riconoscersi qualsiasi over 20 che abbia avuto un lavoro e sul cui volto si richiamano le icone di Audrey Hepburn e Julia Roberts. Non ci si aspettava tutto questo dalla trasposizione del romanzo re della chick lit, 'The devil wears Prada' di Lauren Weisberger. Si attendeva probabilmente una grande Meryl Streep, ma anche questa interpretazione supera se stessa – sia in complessità che in profondità. Miranda Priestly, imperatrice della moda mondiale e della rivista 'Runway', quella che decide cosa indosseranno le donne di tutto il pianeta, poteva essere semplicemente insopportabile e cattiva. La straordinaria Streep regala al pubblico un personaggio a tutto tondo, pieno di sfaccettature, dotato di un carisma che annichilisce, di un cinismo che è impossibile non amare e di un equilibrio perfetto tra intoccabile immagine pubblica e dischiusa dimensione privata. E Frenkel la immortala in una immagine incredibile, difficile da dimenticare – quella del saluto finale alla sua assistente, di profilo, pronta a scendere dall'auto, ancora e sempre verso il mondo "che tutti vogliono essere, per cui tutte si scannerebbero". Quell'immagine è la fotografia (di un') irraggiungibile, è il cinema che ferma per sempre, contemporaneamente, una persona in carne ed ossa (quella di cui si racconta nel romanzo), una diva, e un'epoca – quella che vede la moda moltiplicare all'infinito spazi, risonanze e contaminazioni.
E tanta luce non offusca il personaggio di Andy, la nuova assistente di Miranda, a Manhattan per diventare giornalista, a lavorare per 'Runway' quasi come seconda scelta…