VENEZIA 63 – "Exiled", di Johnnie To (Concorso)

Opera di riflessi e angolazioni ma anche dolente western e struggente film sulla fuga e l'esilio dove i protagonisti appaiono come moderni cavalieri erranti. To si conferma oggi come uno dei più grandi cineasti di Hong Kong e nel suo cinema si respira azione pura che in "Exiled" riesce a toccare vette estreme.

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Il riflesso e l'angolazione rappresentano due delle strategie della messinscena del cineasta hongkonghese Johnnie To. Ogni piano appare concepito secondo precisi criteri geometrici precisi in cui il corpo dell'attore ha una collocazione precisa nello spazio. Eppure le inquadrature di Exiled e di gran parte del cinema di Johnnie To non hanno niente di 'formalistico' ma appaiono invece come le tracce riconoscibili di uno sguardo capace di reprimere provvisoriamente l'azione per poi farla esplodere in tutta la sua fisicità e dinamicità. Il riflesso e l'angolazione diventano così due elementi fondamentali. Il riflesso non è costruito solo attraverso gli oggetti ma anche nella disposizione dei personaggi che, disposti parallelamente, sembrano come specchiarsi. Le angolazioni del cinema di Johnnie To invece hanno una grandiosa unicità. Gli sguardi dalle finestre, dall'alto, creano delle traiettorie i cui percorsi sono visibili all'interno dell'inquadratura ed è come se bloccassero ogni punto di fuga.

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Eppure Exiled è uno struggente film sulla fuga e sull'esilio e che vedono protagonisti un gruppo di nomadi, quasi dei moderni cavalieri erranti che si trovano ad affrontare  una scelta cruciale: eseguire gli ordini impartiti o fare quello che gli viene richiesto. Già il luogo di ambientazione è una specie di città a metà strada, una terra di mezzo; il film è infatti ambientato a Macao nel 1998 in cui ognuno cerca di realizzare facili guadagni prima che la colonia portoghese. Qui arrivano due killer da Hong Kong che hanno il compito di neutralizzare Wo, un membo che ha tradito l'organizzazione e ha deciso di cambiare vita con la moglie e il figlio appena nato. Il loro compito però, già di per sé difficile, diventa ancora più complicato nel momento in cui compaiono due soci decisi ad ostacolarli in ogni modo.


Johnnie To è lontano dai virtuosismi del cinema di John Woo eppure ha una furia capace di scoppiare all'improvviso e in maniera dirompente come nell'opera di Peckinpah. Non è un caso che Exiled nel finale sembra trasformarsi in un dolente western con lo spazio della sparatoria simile a un saloon, con i ralenti della pistole che prima di entrare in azione colpiscono una lattina di birra lanciata in aria, con i quattro protagonisti che appaiono come una reincarnazione di quelli di Il mucchio selvaggio. Inoltre sono presenti anche elementi tematici (la borsa con l'oro) ed un respiro (la nostalgia del passato evidente nella fotografia che ritrae il gruppo quando era giovane) propri del genere.


Ma Exiled è capace di spostarsi impercettibilmente anche nella zona della commedia intimista (la gang che aiuta la famiglia di Wo a fare il trasloco portando sedie e tavolini nella sua abitazione) ma è soprattutto è azione pura che si respira in tutto il film ed ha delle vette estreme come la scena di antologia dell'operazione dal medico mentre la prostituta con cui il dottore era andato prima guarda da una porta semi-aperta, che rappresenta ancora una precisa strategia della messinscena nella costruzione ancora di un'angolazione determinante. Exiled è inoltre una continua convergenza tra coordinate orizzontali e verticali come Breaking News e Yesterday Once More e ha soprattutto quella continua metamorfosi del set di Election 2. Questo film poi segna anche la rinnovata collaborazione del regista con gli attori Anthony Wong (è Blaze, colui che riceve l'incarico di eliminare Wo) e Francis Ng (è Tai, che farà invece di tutto per impedire che Wo venga ucciso) che erano stati tra i protagonisti di The Mission

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