VENEZIA 63 – "Taiyang yu (Rain Dogs)" di Ho Yuhang (Orizzonti)

Il terzo lungometraggio del malese Ho Yuhang è un film intimista, delicato, che vive di sospensioni e sentimenti impalpabili. Gli ambienti cercano di tracciare una piccola geografia dell’anima. Un film tenero e amaro, che, però, può lasciare una sensazione d’inconsistenza

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Rain Dogs (La pioggia con il sole in italiano)… E’ strano pensare che il titolo internazionale del terzo lungometraggio del malese Ho Yuhang è uguale a quello di un album del grande Tom Waits. Vengono alla mente ricordi di fumo e alcool, malinconie notturne, bassifondi metropolitani, vite da cani sciolti. E in effetti, quell’inizio in un albergo triste, quell’estorsione beffarda e crudele proiettano un’ombra nera sullo schermo. E, a seguire, l’incontro del diciannovenne Tung col fratello maggiore trasferitosi a Kuala Lampur sembra anticipare una livida vicenda di gioventù bruciata, bande violente e sbronze. Ma è un depistaggio. La morte fuori campo del fratello rappresenta anche la definitiva estraneità di Tung da un mondo di vite pericolose. In realtà al ragazzo tocca intraprendere un viaggio forse più difficile, alla ricerca di un’identità, di un senso da dare alla propria esistenza. Torna a casa dalla madre. Non resiste. Raggiunge lo zio in un villaggio di pescatori. Ritrova in lui lo stesso malessere del fratello, uno sradicamento da esule, da profugo. Scopre l’amore, quel sapore strano, dolce e amaro al tempo. Ma il momento delle scelte è sospeso, rinviato: la strada è ancora oscura, la direzione da intraprendere è ignota. Si è sul filo tra il nulla, lo squallore dell’anonima monotonia e il tutto di una vita piena, intensa. E’ questa sospensione che vuole raccontare Ho Yuhang, e lo fa cercando di scavare nei silenzi, sondando i corpi e i volti, immergendoli in spazi spesso desolati, solcati da cieli grigi. Ne viene fuori un film intimista, delicato, fatto di sentimenti impalpabili, dove gli sfondi, gli ambienti cercano di tracciare una piccola geografia dell’anima. Di Tom Waits, forse, si conserva quel senso di malinconia, quel fatalismo tenero e rabbioso al tempo stesso, uno scivolare nella vita, che è impotenza ad agire. Ma quando sentimenti tanto intimi e sfuggenti punteggiano una trama di per sé esile, il rischio in cui s’incorre è di lasciare una sensazione d’inconsistenza, soprattutto nel ritratto dei personaggi. Taiyang yu soffre un po' di questo, in fondo. E’ come “la pioggia con il sole”. Intristisce, ma evapora in un soffio.

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