VENEZIA 63 – "Vorrei fare come in "Arancia Meccanica", obbligare Bush a vedere questo film come succede al protagonista di Kubrick". Incontro con Spike Lee

Come sempre guarda dritto in faccia: il potere, le bugie, i testimoni della tragedia di New Orleans e il pubblico del suo nuovo film. Non risparmia nessuna rabbia e nessuna verità. Spike Lee presenta "When the levees broke. A requiem in four acts"

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"La devastazione di New Orleans e della zona circostante è stata causata dalla rottura delle dighe, a sua volta dovuta al pessimo lavoro fatto dal genio civile. Non è stato 'solo' per via dell'uragano. Esattamente un anno fa ero qui a Venezia, al Festival, e invece di vedere film ero in albergo a guardare la televisione e non riuscivo a capacitarmi di quelle immagini. A volte la vita disegna un cerchio. Ero qui e ho deciso di girare il documentario, e un anno dopo sono qui a presentare il film".

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Esordisce così Spike Lee, vestito bianco e cappello dei New York Yankees, alla conferenza stampa per When the levees broke. A requiem in four acts, la sua ultima fatica – quattro ore di documentario – presentata ieri pomeriggio, dopo una lunga attesa, alla Mostra nella sezione Orizzonti. 


 


Il cinema potrà influenzare la realtà? Pensa che questo film possa in qualche modo accelerare la ricostruzione e l'intervento delle autorità?


Di recente il film è stato passato in America dalla rete HBO, e ha avuto un effetto profondo secondo me. Abbiamo causato imbarazzo all'amministrazione Bush e speriamo che ora le cose si muoveranno più velocemente. Il 29 agosto il presidente Bush è tornato a New Orleans, ha fatto delle conferenze stampa fasulle, ha detto che la città sta tornando in piedi, che si sta muovendo, che la ricostruzione è in atto. Non bisogna crederci. Sembra che l'uragano Katrina sia passato ieri. Non c'è acqua. Non c'è corrente elettrica. Non c'è gas. A New Orleans vive ora il 25% della popolazione – il restante 70% si trova in altri posti negli Stati Uniti e non può tornare a casa. Il film non è solo un documento storico: quello che vedete sullo schermo succede tuttora…è un'opera incompleta, e lo sarà finchè la ricostruzione non sarà finita. Gli esperti parlano di dieci anni di lavoro per rivedere New Orleans com'era prima.


 


Oltre la tv americana, che futuro avrà il film? Potrà toccare altre menti, altre coscienze?


Noi speriamo che ci saranno persone che lo vedranno e sceglieranno di comprarlo. Noi vogliamo distribuirlo in ogni parte del mondo, speriamo nella distribuzione a New York e stiamo inoltre provvedendo all'uscita in DVD negli Stati Uniti. Vogliamo distribuire copie nelle scuole e nelle università…Comincerà un movimento per far sì che New Orleans e la zona circostante vengano ricostruite.


 


Il documentario ha un taglio molto giornalistico. Ci può dire qualcosa a proposito della ricerca delle fonti?


La ricercatrice che collabora con me ha trovato le pellicole di attualità; poi è partita per New Orleans due settimane prima che iniziassero le riprese. E' andata per la strada a incontrare la gente, ci mandava i resoconti; a quel punto decidevamo se fare l'intervista. Tutte queste persone ora sono miei amici, alcune sono diventate addirittura delle star, firmano gli autografi per strada! La loro voce è stata sentita ovunque.


 


L'impressione, avuta in Italia, che i media abbiano fornito un'immagine edulcorata dei fatti è errata?


Io vorrei lodare i media. Si sono sentiti traditi e ingannati da Bush e a quel punto si sono tolti i guanti. Hanno smesso di credere al governo e sono stati coraggiosi. La più grossa che abbiamo sentito è proprio questa: che il disastro è stato causato da Katrina. Mentre invece è stata la rottura del sistema di argini a causare l'inondazione. Gli USA sono la nazione più potente del mondo…com'è possibile che un Paese piccolo come l'Olanda, con quattordici milioni di abitanti, riesca ad avere una tecnologia di dighe all'avanguardia e il Paese più ricco della storia non sia in grado di averla? Se guardiamo il loro sistema, e lo confrontiamo col nostro, è una vergogna, davvero una vergogna.

Il film sembra contraddire l'immagine degli Stati Uniti, quella di un Paese ricco – un'immagine che poi è 'pagata' dai cittadini, di cui il potere non si cura in realtà. Eppure il Paese ha confermato Bush…


I media sono strani. Quando ero qui a Venezia, un anno fa, ho guardato la televisione e i servizi su quello che stava accadendo mostravano solo immagini di neri, nel SuperDome, per strada eccetera. Tornato a New Orleans, mi sono reso conto che in realtà tutte le zone erano state distrutte, dunque non solo i neri erano stati colpiti, ma anche i bianchi – anche loro avevano perso la casa e tutto il resto. L'America vive una contraddizione enorme. E' la nazione più ricca e potente del pianeta, e c'è una povertà massiccia. Io non vedo ragioni per cui i bambini negli Stati Uniti debbano andare a letto, o svegliarsi, soffrendo la fame. Abbiamo aperto gli occhi: negli USA ci sono i poveri! L'America è brava a nascondere ciò che non vuole cambiare o approfondire. Bisogna veramente scavare per trovare la povertà negli States. Qualcuno ha detto che a Bush non importa dei neri. Il fatto è che non gli importa neanche dei bianchi, se sono poveri. Se avete una certa quantità di liquidi sul vostro conto corrente si occuperà di voi. Altrimenti no.


 


Avete avuto problemi durante la produzione?


Nessuno ci ha mai ostacolato, anzi abbiamo avuto un supporto eccezionale. Sono esattamente vent'anni che faccio film, e molte persone, per strada, mi hanno fermato per dirmi che hanno apprezzato questo più di tutti gli altri. Credo che abbia toccato qualche corda nella psiche americana.


 


Katrina ha aperto gli occhi agli americani su Bush?
Credo che in effetti Katrina, così come il fiasco in Iraq, abbia aperto gli occhi alla gente. Chi ha sostenuto Bush ora prende le distanze, siamo a metà del suo mandato. Il suo tasso di approvazione è basso e lui cerca di reagire ingannando il Paese in vari modi, per esempio creando questo parallelo tra il nazismo, il fascismo, il comunismo da una parte e l'affare Iraq dall'altra. Dice che come abbiamo dovuto fermare quelli, fermeremo anche questi. Sono cretinate! Io spero che i cittadini americani non accetteranno questa bugia. Poi noi parliamo di Bush, ma c'è anche il Vice Presidente, Condoleezza Rice e il resto della sua amministrazione…sono esseri umani tremendi per quanto mi riguarda.


 


Se potesse dire una sola cosa a Bush o alla Rice, cosa direbbe?


Penso che non avrei il tempo di dire nulla. Mi farebbero fuori appena metto la mano sulla Bibbia! (risate) Mentre presentavo il film alla stampa in America, mi hanno chiesto: 'Ti piacerebbe se lo vedessero?' Certo che mi piacerebbe. Ma non lo faranno mai. Vorrei fare come in Arancia Meccanica, obbligare Bush e la Rice a vedere questo film come succede al protagonista della pellicola di Kubrick.


 


Al Festival sono stati presentati due approcci molto diversi, il suo e quello di Oliver Stone, a due tragedie americane. Da una parte il documentario, dall'altra la fiction…meglio il primo?


Credo sia scorretto fare questo genere di paragoni. Comunque, mi hanno chiesto se avrei potuto fare fiction su Katrina. Sì, volendo, ma non si può. Nessun attore, per quanto bravo, può essere all'altezza dei reali protagonisti della storia. Nessun attore potrebbe interpretare un uomo che ha visto la madre anziana morire dopo cinque giorni sotto il sole, poi ha dovuto abbandonare il corpo in mezzo alla strada lasciando solo un foglio col proprio nome e numero di telefono…E' folle. Io voglio che questo film sia uno strumento, il mezzo che permette a coloro che sono rimasti di testimoniare. Non poteva esserci una sceneggiatura. Sono stato nove volte a New Orleans. Ho messo la macchina da presa di fronte alle persone e li ho lasciati raccontare.

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