VENEZIA 64 – "Viaggio in corso nel cinema di Carlo Lizzani", di Francesca Del Sette (Giornate degli autori)

Documentario-agiografia di uno dei più longevi e prolifici autori italiani del secondo dopoguerra, il film di Francesca Del Sette ha il merito di dedicare largo spazio al suo ruolo di infaticabile organizzatore culturale, tramite cui Lizzani è riuscito a coniugare l’attività cinematografica e la militanza politica.

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Inevitabilmente, tentare di ricostruire la carriera di Carlo Lizzani, dagli anni del CineGUF fino ai suoi ultimi lavori, anche per la televisione, significa ripercorrere quasi tutte le tappe del cinema italiano e non solo. In un certo senso, il suo lavoro di regista è stato un costante tentativo di raccontare la storia repubblicana del paese: e non soltanto perché con film come Il gobbo, Banditi a Milano e Storie di vita e di malavita, Lizzani può essere considerato uno dei padri dell’instant-movie, e quindi un acuto osservatore della cronaca nostrana; ma anche e soprattutto perché grazie alla sua lunga e dinamica vita di organizzatore di cultura, di stimolatore di eventi e di dibattiti (l’incarico come direttore della Mostra di Venezia), ha conosciuto e stretto proficue relazioni con i più importanti esponenti della vita letteraria e cinematografica nazionale. Da Pier Paolo Pasolini, che recitò nei suoi Il gobbo e Requiescant, a Vitaliano Brancati, di cui diresse l’adattamento de La vita agra. Il film di Francesca Del Sette ha il merito, forse anche dettato dalla contingenza di non poter accedere ai diritti, di non limitarsi alla semplice carrellata di sequenze tratte dalle sue opere, magari intervallata da interviste aneddotiche, ma di concentrarsi sul tentativo di centrare l’importanza del suo ruolo di interprete della realtà sociale e culturale del paese. Quindi, la regista si è affidata di più ai materiali di repertorio, spesso reperiti dall’archivio LUCE, sui backstage dell’epoca (particolarmente prezioso quello di Achtung! Banditi!) cercando di restituire il tono di quel clima culturale. Il film è narrato da Lizzani stesso, che legge dei passi della sua autobiografia, e si sviluppa lungo due binari che viaggiano volutamente fuori sincrono. Da una parte, la voce over del regista sovrasta immagini del passato e racconta i suoi primi passi nel mondo del cinema: dagli anni dei cineclub fascisti, si ferma alle prime collaborazioni con Giuseppe De Santis (Caccia tragica), Roberto Rossellini (Germania anno zero) e al primo lungometraggio (Achtung! Banditi!), e passa per i dilemmi tra cultura e politica, culminati nell’esperienza della Resistenza. Dall’altra, invece, ci sono contributi attuali di personaggi come Giuliano Montaldo e Tatti Sanguineti, e attori come Daroio Fo, Giancarlo Giannini e Stefania Sandrelli, sembrano confermare come i semi dei primi anni della sua attività si siano poi sviluppati nei film che loro hanno visto e in cui hanno lavorato. Il lavoro della Del Sette è ben strutturato, e riesce a rendere credibile la figura di Lizzani come uomo versatile, capace di dirigere film completamente diversi tra loro, che al contempo non hai mai abbandonato la convinzione di avere, oltre ad una passione per il cinema, una missione etica e civile.

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