VENEZIA 64 – Western all'Italiana: Storia Segreta del Cinema Italiano 4

manifesto“Il western all’italiana è un genere fra i più grandi nella storia del cinema italiano e mondiale. Molti dei registi di questi film non hanno mai avuto il giusto riconoscimento. A Venezia 2007 finalmente otterranno la loro meritata rivalutazione.” Quentin Tarantino presenta la retrospettiva di 32 ‘spaghetti western’ curata da Marco Giusti e Manlio Gomarasca. 

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manifestoLa conferenza stampa di presentazione del 25 Luglio in Casa del Cinema a Roma inizia con un videomessaggio di Quentin Tarantino: “Sono fiero di rappresentare la Retrospettiva Western all’Italiana alla Mostra del Cinema di Venezia di quest’anno. Il western all’italiana è un genere fra i più grandi, per quanto ne so, nella storia del cinema mondiale e sicuramente nella storia del cinema italiano. In realtà, gli ‘spaghetti western’ non sono mai stati davvero apprezzati. Molti dei registi di questi film non hanno mai avuto il giusto riconoscimento. In Italia, a settembre, a Venezia, finalmente otterranno la loro meritata rivalutazione.”  Il regista di Grindhouse sarà al Lido per patrocinare la rassegna, ideale continuazione di quella Storia Segreta del Cinema Italiano che proprio Tarantino aveva inaugurato nel 2004, a cui sono seguite la Storia Segreta del Cinema Asiatico nel 2005 e la Storia Segreta del Cinema Russo nel 2006. Quentin il Terribile compare anche in un cammeo nell’attesissimo nuovo film del compare Takashi Miike, presente alla Mostra del Cinema: Sukiyaki Western Django, a dimostrazione dell’incredibile e rinnovata vitalità del genere – “E’ proprio partendo dalla riscoperta che ne ha fatto un certo cinema moderno, come quello di Tarantino o di registi come Johnny To o Takashi Miike, che è stata costruita la retrospettiva veneziana”, afferma il curatore della rassegna, Marco Giusti. “Il western italiano, prodotto della seconda metà del ’900, come fabbrica di sogni ancora oggi ben visibile, in cui è possibile mettere in scena, con una totale libertà, i sogni e dei desideri del proprio tempo. E infatti proprio al western toccò di rappresentare l’immaginario di tutta una generazione. Il western italiano rappresenta la risposta immediata del vecchio continente allo strapotere di Hollywood. La dimostrazione che era possibile riscrivere il suo genere più amato, il western, con il linguaggio di un cinema che si muoveva tra Neorealismo e Nouvelle Vague. In un terreno dove era possibile amare, senza conflitti ideologici, John

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vamos a matar companeros Ford e Glauber Rocha. E che era possibile con prodotti poveri e popolari battere il colosso americano anche nella distribuzione capillare in ogni parte del mondo. Che era possibile sostituire John Wayne con Tomas Milian. Riuscendo così a far sognare la rivoluzione dei suoi Cuchillo, Ringo, Gringo e Django agli spettatori di un Terzo Mondo che incominciava a uscire dall’oppressione del capitalismo americano. E, cosa ancor più importante, che offriva la chiave per un cinema riscrivibile e riproducibile ovunque.” Rappresentato a Venezia da ben 32 lungometraggi italiani (più un sorprendente spaghetti western giapponese), film invisibili da almeno due decenni, restaurati e ricostruiti nella loro versione integrale, scelti da Giusti insieme all’altro grande esperto del genere Manlio Gomarasca: “La modernità e l’attualità di certi Spaghetti Western (film come Keoma di Enzo G. Castellari, quasi un opera rock, e Vamos a Matar Compañeros di Sergio Corbucci, prototipo del nuovo film politico in chiave vecchio west) perdura ancora oggi. Dal successo del primo film della ‘trilogia del dollaro’ di Sergio Leone, Per un pugno di dollari (3.182.000.000 miliardi delle vecchie lire nel 1964), sino alla brillante scrittura cinematografica di Sergio djangoCorbucci, al quale la retrospettiva ha dedicato una particolare attenzione nel tentativo di restituirgli il rango di autore che gli spetta di diritto, grazie a pellicole come Django (che un po’ ovunque all’estero è considerato ancora oggi un modello da imitare), Vamos a Matar Compañeros e Navajo Joe con Burt Reynolds. Nella retrospettiva si è tentato di toccare tutti i punti cardini del nuovo genere e di affrontarne tutte le declinazioni e le sfaccettature: dai film sulla rivoluzione messicana (il disperato Tepepa di Petroni), al western-sperimentale (l’allucinato Se se vivo spara di Giulio Questi, assistito da un’insospettabile Gianni Amelio), dal western-crepuscolare (Matalo! di Cesare Canevari, raro esempio di western milanesi), al kung fu-western (Il mio nome è Shangai Joe di Mario Caiano); da quello “gotico” di Mario Bava e Riccardo Freda a quello psichedelico pop di Tinto Brass (Yankee). E ancora: il western degli autori, da Carlo Lizzani (Un fiume di dollari) a Pasquale Squittirei (La vendetta è un piatto che si serve freddo), fino ad arrivare al western-parodia della coppia Bud Spencer e Terence Hills (Lo chiamavano Trinità) che segna il punto di non ritorno. Insomma un programma articolato che mira a omaggiare il genere e i suoi autori (oltre a quelli già citati è doveroso ricordare almeno Tonino Valerii, unico vero discepolo di Sergio Leone), nonché quei personaggi e quei volti che hanno incarnato la mitologia italiana del vecchio west dal Django/Franco Nero al Ringo/Giuliano Gemma, al Sartana/Gianni Garko, senza dimenticare i vari Fabio Testi, Klaus Kinski, Leonard Man, Lee Van Cleef, George Hilton, William Berger, Gordon Mitchel e, naturalmente, Tomas Milian.”

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Western all’Italiana – Storia Segreta del Cinema Italiano 4:

 I film (in ordine cronologico)

 

I sette del Texas (Antes llega la muerte) (1964) di Joaquin Luis Romero Marchent

100.000 dollari per Ringo (1965) di Alberto De Martino

Il ritorno di Ringo (1965) di Duccio Tessari

Ringo del Nebraska (1965) di Mario Bava e Antonio Román

Un dollaro bucato (1965) di Giorgio Ferroni

Django (1965) – Uncut – di Sergio Corbucci

The Bounty Killer (1966) di Eugenio Martin

La resa dei conti (1966) di Sergio Sollima

Navajo Joe (1966) di Sergio Corbucci

Sugar Colt (1966) di Franco Giraldi

Un fiume di dollari (1966) di Carlo Lizzani

Yankee (1966) di Tinto Brass

10 000 dollari per un massacro (1967) di Romolo Guerrieri

El Desperado (1967) di Franco Rossetti

Il tempo degli avvoltoi (1967) di Nando Cicero

La morte non conta i dollari (1967) di Riccardo Freda

Se sei vivo spara (1967) – Uncut – di Giulio Questi

Ognuno per sé (1967) di Giorgio Capitani

Preparati la bara (1967) di Ferdinando Baldi

Tepepa (1968) di Giulio Petroni

Una lunga fila di croci (1968) di Sergio Garrone

E Dio disse a Caino (1969) di Antonio Margheriti

La taglia è tua l’uomo l’ammazzo io (1969) di Edoardo Mulargia

Lo chiamavano Trinità (1970) di Enzo Barboni

Matalo! (1970) di Cesare Canevari

Vamos a matar companeros (1970) di Sergio Corbucci

La vendetta è un piatto che si serve freddo (1971) di Pasquale Squitieri

Il grande duello (1972) di Giancarlo Santi

Il mio nome è Shangai Joe (1973) di Mario Caiano

Una ragione per vivere e una per morire (1973) di Tonino Valerii

I quattro dell’apocalisse (1975) di Lucio Fulci

Keoma (1976) di Enzo G. Castellari

 

 

Eventi della Retrospettiva

Una Questione poco privata – Conversazione con Giulio Questi (2007) di Gianfranco Pannone

Gonin no shokin kasegi (The Fort of Death, 1969) – di Kudo Eiichi

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