VENEZIA 65 – "Volevo parlare della generazione dei miei genitori, che è stata una generazione idealista" – Incontro con Aleksej German Jr.

Aleksej German Jr. è un figlio d'arte, e a soli 32 anni è già un ospite abituale del Lido. La conferenza stampa del suo Paper Soldier – presentato in concorso – è stata anche un modo per capire lo stato di salute del cinema d'autore russo,  oltre che un'appassionata difesa della generazione che ha vissuto l'Unione Sovietica.

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E' la terza volta che Aleksej German Jr. sbarca al Lido, a distanza di cinque anni da L'ultimo treno. Figlio d'arte, il regista russo ha solo 32 anni e quest'anno è in concorso con Paper Soldier, storia di un medico, dei suoi dilemmi morali e delle sue relazioni sentimentali, nell'Unione Sovietica dei primi lanci spaziali. La conferenza stampa è stata anche un modo per capire – tramite l'intervento del produttore russo Artem Vassiliev, qual'è la condizione del cinema d'autore nell'industria di Mosca.

C'è un elemento che collega questo film al primo, a L'ultimo treno, ed è la presenza di un medico. Suo nonno è stato uno scrittore molto popolare nel suo paese, e ha composto una trilogia con un protagonista medico, il cui ultimo libro ha per titolo Io mi prendo la responsabilità di tutto. Come si colloca la sua responsabilità storica ed artistica?

Nella cultura russa il medico è una figura importante, ed anche Checov ne parla molto: è una sorta di riassunto di tutte le caratteristiche dell'intellighenzia, e per me era importante cercare di far capire cosa è stata l'intellighenzia e cosa ha rappresentato nella storia del paese.

Il film è stato girato veramente in Kazakistan? E' stato difficile lavorare lì?

Sì, abbiamo proprio girato lì, in zone che erano quasi sempre sommerse dal fango e dalla neve. E' stato difficile, e senza l'entusiasmo sarebbe stato molto facile stancarsi. Il risultato però è stato buono, e la scelta è stata efficace.

In una certa parte del film, il protagonista va a trovare i genitori morti, ed è un momento molto onirico, perchè sembra di essere in un Paradiso, e lui scopre che loro erano dei Giusti. Lei come se lo immagina il Paradiso?

Volevo parlare della generazione dei miei genitori, perchè è stata una generazione molto idealista, e questo idealismo è rimasto nei testi, nei libri e nelle canzoni: per me è questo il Paradiso. Per me è stato un onore poterne parlare, e questo film mi ha fatto crescere come essere umano.

La casa di produzione di Paper Soldier, si chiama Phenomenon Films, e viene da chiedersi se il cinema d'autore in Russia sia proprio un fenomeno temporaneo oppure è un movimento radicato. Che futuro c'è per il cinema d'autore?

Artem Vassiliev: Quando abbiamo iniziato a girare, non sapevamo che film fosse, se fosse un film commerciale o un film d'autore. Volevamo solo farlo nel modo migliore. Anche perchè in Russia non è un bel momento per questo cinema, ed è il denaro che fa prendere le decisioni. Però sapevamo che se l'avessimo bene, in modo sincero, avremmo sicuramente attirato un certo tipo di pubblico. Spero che ci sarà un futuro per questo tipo di film.

Il film è davvero molto immaginativo, e a tratti sembra quasi un brutto sogno. Sembra quasi che la sua speranza sia quella che queste cose non accadano più.

E' giusto, perchè noi volevamo fare un film nazionale, che parlasse della storia del paese. Ho lavorato sulla sceneggiatura per far uscire fuori le emozioni, ed ho cercato di fare in modo che entrassero anche componenti della mia vita. Volevo far capire che nonostante il dolore, la morte, i problemi, la vita va sempre avanti.

E' la seconda volta che lavora con Chulpan Khamatova…

Nel lavoro ci sono stati attori che hanno partecipato tanto, e proprio per questo molti punti del film sono stati adattati a loro. Ho pensato da subito che il personaggio doveva essere di Chulpan, pensavo a lei e vedevo lei. Chulpan doveva essere una sintesi. Mentre scrivevo pensavo anche a mia madre, e volevo che fosse un riassunto di tutto ciò che avevo visto e avevo vissuto.

Chulpan Khamatova Mi ha fatto lavorare come una matta, stavamo sempre a provare per ore e ore, e io ho avuto fiducia perchè mi ha sempre detto che aveva pensato solo a me. German va sempre avanti, anche tra i dubbi, cura sempre le sfumature. Abbiamo disegnato il personaggio come se avessimo un pennello in mano, insieme.

Nel film ci sono molte citazioni da autori russi: sembra quasi che il cinema russo non possa fare a meno della letteratura. Per lei che importanza ha?

Non ho mai un preciso scopo intellettuale. Uso sempre la poesia per dire qualcosa. Qui ad esempio volevo parlare degli anni sessanta, ma anche del passato, e in qualche modo del futuro. In questo senso, uno come Checov ha scritto cose senza tempo, sempre buone, che vanno sempre bene. 

Ora sta pensando a fare qualcosa di più contemporaneo?

Io non capisco la definizione di cinema contemporaneo. Ho appena finito un film e non ho alcun progetto in testa. Però vorrei fare un film su come è cambiato il mio paese. Un film su chi siamo ora. Il sottotesto è questo, poi scriverò la storia. Ora mi piacerebbe fare un film che fosse attuale.

Come si sente ad essere un regista così importante a soli 30 anni?

Io non mi sento ancora un regista, ho paura di questa parola. Ho solo 32 anni, e i registi sono personaggi come Fellini, Bergman o Kurosawa. Io sto solo imparando.

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