Un inizio stratosferico in un film sempre di grande rigore formale che però da anche l'idea di essere un po' più stanco rispetto al passato. Il regista francese aspira infatti a una leggerezza, un'ariosità che non sempre raggiunge. Ma certe traiettorie circolari gli danno una grazia anche un po' tirata ma di grande fascino
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L'inizio è stratosferico. Sembra una gag da film muto. Una donna ha l'auto in panne e chiede soccorso. Un uomo passa con la macchina e tira dritto. Poi torna indietro, guarda nel motore, lo riavvia e se ne va senza dire nulla. Loro due sono Kate e Vittorio. Lei è la figlia maggiore di un proprietario di un piccolo circo morto tragicamente ed è stata richiamata dai membri della compagnia per cercare di salvare la stagione. Lui invece è un italiano attirato dalla donna. Si appassiona così alla vita del circo e li segue per un periodo.
Le bizzarrie del caso, la teatralità nella messinscena, lo spettacolo dentro la vita stessa sono alcuni degli elementi del cinema di Rivette che ritornano anche in questo 36 vues du Pic Saint Loup, che esce in Italia col titolo Questione di punti di vista. In più la stasi provvisoria di questo circo nello spazio ha con sé qualche residuo chapliniano, soprattutto nel modo in cui gli attori, attraverso i loro numeri, sembrano prendersi una vacanza dalla loro quotidianità. E' sicuramente il caso di Vittorio (interpretato da Sergio Castellitto alla seconda collaborazione col regista dopo Chi lo sa?), mentre per Kate (Jane Birkin) si tratta di un drammatico ritorno. Lo spettacolo per Rivette è sempre una forma di sfida col corpo nello spazio che nella sua filmografia ha raggiunto le estremità, per esempio, di Out 1 e Una recita a quattro. Nelle esibizioni dei numeri del circo il rigore prevale sul gioco. Ed è per questo che uno dei momenti più determinanti del film, la risata di Vittorio durante l'esibizione, provoca una frattura come se si trattasse di un suono straniato. Certo, in 36 vues du Pic Saint Loup c'è tutto il cineasta francese. Un Rivette che può dare l'idea di essere un po' più stanco rispetto al passato. Del resto però non ci si può aspettare che l'ottantunenne regista francese realizzi ogni volta un capolavoro come La duchessa di Langeais. Però, oltre una coerenza formale assoluta, quest'ultima pellicola aspira a una leggerezza, a un'ariosità che non sempre raggiunge. Ma il bellissimo incipit e quei movimenti circolari nel dialogo tra Vittorio e la ragazza del circo Clémence (Julie-Marie Parmentier) gli danno quella grazia anche un po' tirata ma comunque piena di fascino.
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ho preso un po' di sonno ……