VENEZIA 67 – "La solitudine dei numeri primi", di Saverio Costanzo (Concorso)
Dal romanzo omonimo di Paolo Giordano, il cineasta romano al suo terzo film realizza un'opera ondivaga, a tratti disturbante, che respinge e insieme seduce, forse troppo costruita all'inizio ma che finalmente si riesce a togliere le scorie di dosso nell'ultima riuscitissima parte in cui emerge il suo talento visivo, tra tracce esistenzialiste e suggestioni horror, e la sua precisa idea di cinema che rifiuta il flashback e soprattutto la voce fuori-campo e lascia totale spazio ai silenzi e alla metamorfosi dei corpi
Quando Alice ruppe lo specchio. Non è il film del 1988 di Lucio Fulci. E' una delle innumerevole suggestioni di La solitudine dei numeri primi, terzo lungometraggio di Saverio Costanzo dopo Private e In memoria di me e tratto dal romanzo omonimo di Paolo Giordano, vincitore del Premio Strega nel 2008. Diciamolo subito. Si tratta di un'opera ondivaga, difficile, a tratti (e forse volutamente) disturbante, che respinge e insieme seduce. Bisogna però riconoscere un grande merito a Costanzo ed è quella di aversi saputo sporcare le mani nella difficile contaminazione tra un cinema quasi esistenzialista e un horror in cui si rintracciano dei modelli sia in Argento (l'inizio della recita col trucco e le bambole appare quasi un omaggio) e il cinema statunitense, dove l'anima nera dei due protagonisti bambini rimanda a quella dei protagonisti del carpenteriano Il villaggio dei dannati. La pellicola interseca piani temporali diversi: 1984, 1991, 2001, 2007. In queste date si svolge la vicenda parallela di Mattia e Alice, la cui esistenza è stata caratterizzata da eventi tragici che li hanno profondamente segnatil.Il cineasta marchia subito la loro diversità: quella fisica di Alice, quella mentale di Mattia. Ed entrambi entrano in uno strano e oscuro labirinto che li separa dagli altri dove anche la presenza solo apparentemente sfocata delle loro famiglie diventano elementi condizionanti. Ci mette un po' a mettersi in moto La solitudine dei numeri primi, forse per questi continui sfasamenti temporali avanti e dietro che sono stati scelti per allontanarsi dalla struttura cronologica del romanzo, ma che portano a mettere in gioco troppi dettagli relativi alla vicenda. Ma anche in questo contesto già ci sono dei segni forti: lo sguardo di Alice mentre sta guardando Lady Oscar in tv, la caramella che le coetanee le hanno fatto ingoiare, il dialogo in cui la ragazza chiede a Mattia di baciarlo mentre lui le fa domande sull'operazione che ha subito. Mostra i segni il film di Costanzo, le cicatrici sui corpi, i tatuaggi, le urla di Michela (la sorella gemella di Mattia). Alba Rohrwacher e Luca Marinelli vengono inghiottiti in un vortice dove il loro corpo muta in continuazione, come una metamorfosi horror di figure che rimbalzano tra la vita e l'aldilà.