VENEZIA 68 – "Don't Expect Too Much", di Susan Ray (Fuori Concorso)

Don't Espect Too Much
Ad accompagnare la proiezione evento della versione definitiva dell'ultimo leggendario film di Nicholas Ray We Can't Go Home Again viene presentato in fuori concorso un documentario della moglie Susan Ray che ripercorre insieme ai vecchi studenti dell'Harpur College quell'incredibile periodo delle riprese del film nel 1971. Documentario con luci ed ombre, a tratti decisamente didascalico, ma a riscattare il tutto è sempre il vecchio Nic con la sua faccia scavata e la sua immortale benda da pirata numero uno del cinema classico

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Don't Expect Too MuchIl vecchio Nic ha trovato finalmente il modo di tornare a casa. E irrompe un flash di memoria da brividi: il ritorno a casa di Robert Michum in Il Temerario, cinema dove l'immagine costruiva mondi che andavamo ben oltre il campo, ben oltre l'inquadratura. E allora, a quarant'anni esatti dalla leggendaria lavorazione dell'ultima pellicola del grandissimo Nicholas Ray, We Can't Go Home Again, viene presentata qui a Venezia la versione definitiva con il montaggio curato dalla moglie e in un'unica proiezione evento. E ad accompagnare il film viene presentato in Fuori Concorso anche un documentario della stessa Susan Ray che ripercorre quell'incredibile periodo delle riprese e del primo montaggio incompiuto, fatto insieme agli studenti di cinema dell'allora Harpur College. Nic insegnava la vita con il cinema e il cinema attraverso la vita, ed è incredibile sentire le tante testimonianze di questi ex ragazzi che sognavano una grande carriera (qualcuno ci è riuscito, molti di loro no) e che lo ricordano come un burbero genitore più che come il leggendario insegnate. Il documentario ha l'innegabile pregio di farci entrare dentro il laboratorio Ray, in quella isola lontana da Hollywood dove il cinema deve essere soprattutto espressione di se stessi, come ricorda uno dei più illustri amici-allievi Jim Jarmush. Ma se il tantissimo materiale d'archivio non può che essere una gioia inaspettata per i fan di quella irripetibile stagione di cinema americano, è vero anche che il documentario accusa un forte didascalismo di fondo che è tipico dei documentari a sfondo biografico. Quindi materiale d'archivio, montato alternativamente a interviste o testimoninze e alla voce fuori campo della stessa Susan. Insomma, anche in questo tipo di operazioni, il (seppur preziosissimo) contenuto non dovrebbe mai azzerare totalmente quello sforzo formale che costituisce una delle basi del fare cinema. Ovvio che questo film si presenta come piccolo grande atto d'amore di una moglie verso il grande e defunto marito e ovvio che il sol vedere e (ri)sentire Nic Ray dispensare le sue perle di "cinismo bonario" è già di per sè un privilegio assoluto. Solo che proprio in We Can't Go Home Again si professa e si vuole instillare in chi guarda una libertà totale di epressione e di messa in scena, il cinema vince sulla vita, vince su tutto! E allora si rimane un po' con l'amaro in bocca dopo la visione di  questo Don't Aspect Too Much, proprio perchè palesemente lontano dalle folli idee dell'ultimo Ray. Ma è solo un attimo, solo un pensiero, che scivola via ripensando alla visione di quel viso scavato solcato da quella benda da pirata del cinema che ha (in)segnato un modo senza tempo di vivere e filmare la vita.

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