VENEZIA 68 – "Il teatro mi ha aiutato a capire meglio il cinema". Incontro con Al Pacino e Jessica Chastain

Prima di ritirare il premio alla carriera "Glory to the filmmaker", per il suo Wilde Salomè, Al Pacino incontra la stampa. Al suo fianco la splendida e bravissima Jessica Chastain. Pacino si racconta senza peli sulla lingua, dilungandosi piacevolmente

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Prima di ritirare il premio alla carriera "Glory to the filmmaker" per il suo Wilde Salomè, Al Pacino incontra la stampa veneziana. Al suo fianco la splendida e bravissima Jessica Chastain, protagonista femminile del film. Pacino si racconta senza peli sulla lingua, dilungandosi per il piacere dei presenti in sala.

Non è un documentario, non è un film. È un progetto ambizioso, può raccontarci il suo processo in quanto regista?
Non sapevo dove sei arrivato; sapevo di avere una visione e ho tentato di creare una storia grazie ad essa. Neppure io so se definirlo un documentario o un film, non è nessuno dei due ed entrambi allo stesso tempo. Volevo creare un collage e mettere insieme degli elementi che alla fine dessero l’idea di ciò che stavo facendo. Riflettere su chi fosse Oscar Wilde anche attraverso ciò che ha passato nella sua vita. Le sue esperienze tribolate sono anche servite per permettermi di cercare di far percepire le difficoltà che si incontrano nella creazione di una commedia teatrale. Una serie di elementi che, speravo, insieme avrebbero potuto rivelare ciò che stavo cercando di comunicare. O almeno speravo lo rivelassero a me.
Il vero motivo per cui ho fatto il film è Jessica (Chastain), appena l’ho vista ho pensato che fosse quella giusta, dovevo averla prima che il mondo scoprisse le sue potenzialità. Lei è stata carina e cortese nell’accettare.

Ci sono voluti mesi per arrivare a questo risultato; questo perché ha lasciato da parte il film per mesi? In america, gli attori americani non vengono visti bene nei panni di ruoli shakespeariani. Questo vale anche per lei o il fatto di avere origini italiane ha influito?
Spero di essere stato all’altezza, in passato in effetti Shakespeare è stato interpretato da attori di diverse etnie. Ora però penso che non ci siano più grandi pregiudizi come un tempo.
Quando ho fatto questo film non sapevo dove stessi andando, ho seguito l’onda, come ogni documentario ha richiesto lunghi tempi di lavorazione. Nel frattempo mi sono dedicato anche ad altro. Poi ho parlato con il produttore (Barry Navidi), lui è stato un elemento indispensabile del progetto; gli ho detto che per cinque mesi non mi sarei occupato del film. Prenderne le distanze è stato decisivo, allontanarmi mi ha permesso di capire cosa stessi facendo.

Premio alla carriera. Se guarda indietro, ha rimpianti o cose che avrebbe fatto diversamente?
Certo, è normale. Alcune scelte vorrei non averle prese e non parlo soltanto a livello cinematografico. Le cose vanno così, è la vita.
Per quanto riguarda il mio futuro, ho appena finito alcune cose. Il mercante di Venezia, a New York. Ci sono sempre proposte per film che mi vengono sottoposte. Ogni volta mi riprometto di essere più selettivo e invece non lo sono mai. Preferisco darmi da fare perché è ciò che mi piace. Ecco, un fioretto per il futuro: farò le cose quando sentirò che è giusto. Spero di seguire questa filosofia.
Il teatro mi ha aiutato a capire meglio il cinema, essere regista mi ha aiutato invece ad essere un attore migliore, più rispettoso dei ruoli. Prima di essere regista non mi rapportavo a dovere con i registi, creavo problemi. Le varie esperienze artistiche che ho fatto nella mia vita mi hanno aiutato a maturare e migliorare.

Il pensiero antivittoriano di Wilde contro la morale comune può valere la pena di essere diffuso tutt’oggi?
È stato interssante capire ciò che succedeva all’epoca, attraverso gli scritti di Wilde. Sappiamo che lui era un pensatore liberale, aperto, visionario in termini dei suoi sentimenti per le altre persone. Voleva una società più aperta ed umana. Camminava su terreni pericolosi, soprattutto per la sua sessualità. Cosa che ha finito per scontare, cosa che hanno utilizzato contro di lui per metterlo a tacere. Difficile comprendere Wilde in toto, un personaggio pieno di sfaccettature. Basta leggere il De profundis, per esempio, per rendersi conto di quanto fosse religioso anche. Io non volevo raccontarlo a trecentosessanta gradi, volevo sfiorare la sua anima affinché ciò mi aiutasse nella rappresentazione e nella spiegazione della piece teatrale su Salomè.

Per Jessica Chastain: il processo è stato lunghissimo ma, di fatto, il film è stato girato in tempi brevi. Ci può raccontare la sua esperienza?
Jessica: è stato il primo film per me, dopo essere stata scelta abbiamo discusso e lavorato per oltre un anno. Ci siamo incontrati negli actor studios di Los Angeles e di New York, abbiamo provato tanto, ho preso lezioni di danza e ho fatto tutto ciò che era in mio possesso per avvicinarmi al personaggio. Abbiamo lavorato in teatro per giornate e giornate, lungo un tempo infinito. Quando siamo arrivati a girare il film, conoscevamo ogni singola sfaccettatura a menadito, non c’è stato problema.

 

 

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