VENEZIA 68 – “The Ides of March”, di George Clooney (Concorso)
Nella tradizione del grande cinema americano degli anni Settanta, Clooney realizza quella che a oggi è probabilmente la sua opera più cupa e controllata. Amara riflessione sul cinismo e gli affari sporchi della politica americana, dove l'intensità emerge soprattutto su dinamiche sottrattive, attraverso una sceneggiatura estremamente fedele alla "struttura" che non lascia margine redentivo ai suoi protagonisti
Sono tempi duri per il Partito democratico. È infatti in pieno fermento la battaglia interna per le primarie in Ohio che dovranno sciogliere ogni dubbio su chi dovrà misurarsi con il candidato repubblicano alla Casa Bianca. La lotta tra i due schieramenti è senza esclusione di colpi e Stephen dovrà presto decidere se rimanere dalla parte di Morris o passare a quella dell’ “avversario”. Il personaggio di Gosling, che sin dalla prima scena vediamo emblematicamente “esibirsi” su un palco, a provare le battute del discorso di Morris, occupandosi dell’allestimento scenico e tecnologico della conferenza come un abile tessitore di finzione e rappresentazione, è il fulcro prismatico su cui riflettere l’anima nera di una classe politica compromessa, intrisa di virtualità e artificio, in cui la reale voce d' America trova la propria incarnazione nella fragilità e nel corpo violato della Molly Stearn interpretata da un’intensa Evan Rachel Wood. Clooney racconta chirurgicamente – in una sceneggiatura scritta da lui stesso assieme a Grant Heslov (L’uomo che fissava le capre) e Beau Willimon (autore del libro Farraguth North, da cui il film è tratto), persino troppo attenta alla “struttura”, nel pieno rispetto di turning points e colpi di scena – la trasformazione di Stephen da giovane idealista a cinico politicante. Qua e là sembra concentrarsi troppo nel controllo della forma a danno di un'intensità che emerge per istanti, facendo leva soprattutto su delle dinamiche sottrattive. E lascia pochissimo margine redentivo ai suoi protagonisti. We’ll meet again dice la canzone di Vera Lynn, che ascoltiamo durante una scena di dialogo tra Stephen, la giornalista Ida (Marisa Tomei) e il braccio destro di Morris Paul (Philip Seymour Hoffman) a inizio pellicola. La stessa canzone che quasi mezzo secolo fa accompagnava le esplosioni atomiche finali ne Il Dottor Stranamore di Kubrick. In fin dei conti anche The Ides of March è un film di guerra, magari senza esplosioni, ma con un' Apocalisse che incombe dietro l'angolo.