VENEZIA 68 – "Tutta colpa della musica", di Ricky Tognazzi (Controcampo italiano)

tutta colpa della musica

Più Simona Izzo che Ricky Tognazzi, un'allargamento familiare sospeso tra un rimpianto più spacciato che concreto e una conciliazione dove tutte le cose devono necessariamente tornare al proprio posto. Nella sua coralità, le singole vicende seguono un percorso proprio e solo casualmente si incrociano con le altre, con un unico sussulto nella scena della salita sulla montagna, in bici e in auto, dei due protagonisti

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tutta colpa della musicaC'è scritto Ricky Tognazzi, si legge Simona Izzo. Forse ormai è un cinema indivisibile quello tra ll regista-attore e la sceneggiatrice (nel 2003 hanno anche diretto insieme Io no), un 'ritorno' di 'maniaci sentimentali' senza tempo dentro un 'film da camera' sullo sfondo di Biella e le sue montagne che però è solo uno spazio di tentata fuga. Le derive sentimentali seguono ormai percorsi prevedibili, la chiusura nel cerchio della propria vita dove si è incapaci di guardare indietro se non quando si è costretti portano il personaggio di Nappo (interpretato da Tognazzi stesso) ad avere delle similitudini con quello di Zingaretti di Tutte le donne della mia vita, diretto dalla stessa Izzo. Giuseppe (Marco Messeri) ha 55 anni, è infelicemente sposato con una testimone di Geova e ha la figlia Chiara che segue lo stesso radicalismo religioso della madre. Il suo amico Nappo lo convince ad andare con lui a cantare nel coro della città e lì conosce Elisa (Stefania Sandrelli) per la quale ha un'immediata infatuazione. Nappo nel frattempo vuole sentirsi sempre giovane e ha una relazione con una ragazza poco più che ventenne.

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Anche Tutta colpa della musica appare ancora l'esempio di un'allargamento delle famiglie che Tognazzi-Izzo portano sullo schermo. Il regista sembra aver perso definitivamente quella forza teatrale della parola che aveva caratterizzato il suo esordio in Piccoli equivoci e il lavoro sui generi che aveva fatto innanzitutto con La scorta e poi con Ultrà e Vite strozzate. Tutta colpa della musica purtroppo è quello che resta di un cinema ora annacquato, allungato anche con ritrattini che rischiano di scivolare nella macchietta (i fratelli della ragazza di Nappo che invade la sua casa con tutta la famiglia), un contrasto tra aspirazione, desiderio e rassegnazione che si moltiplica anche in altri personaggi del film (oltre Giuseppe ed Elena, anche il figlio pianista della donna) che prende forma solo esteriormente e caduta da soap con la coppia sorpresa dal figlio di lei mentre porta fuori il cane. La musica non avvolge il film ma resta confinata nelle esibizioni del coro e l'opera di Tognazzi sembra essersi troppo adagiata in questo sentimento di rimpianto che appare più spacciato che autentico. Nel mezzo di un film corale, anche foto strappate, seduzioni di una ragazza prima chiusa in se stessa (interpretata da Arisa con il giovane farmacista del luogo) ma dove le singole vicende si incrociano solo casualmente con le altre. Solo l'amicizia tra Nappo e Giuseppe ha qualche sussulto. Lì s'intersecano la malinconia per il tempo perduto con l'illusione dell'eterna giovinezza. C'è un bel momento di una corsa in salita in montagna dei due, uno in bici, uno in macchina. Forse lì, per un istante, si attiva anche il loro passato, quello che non si vede, la possibilità di una fuga di un cinema che forse voleva andare da un'altra parte. Ma la 'conciliazione sentimentale' poi lo riporta nelle tranquille zone da dove era partito.

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