VENEZIA 69 – “Il cinema è spettacolo, ma deve contenere anche una verità umana”. Incontro con Xavier Giannoli

Xavier Giannoli
Il film di Xavier Giannoli, Superstar, interpretato da Cecile De France e Kad Merad si interroga sulla questione della esasperata mediatizzazione dei nostri tempi, della dinamica di costruzione di falsi eventi che la rete ha fatto divenire estremi e incontrollabili. Può capitare che un perfetto sconosciuto diventi, a sua insaputa e improvvisamente, famoso. L’incontro con Giannoli e i suoi attori ha confermato che la realizzazione del film ha costituito un percorso comune

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Xavier GiannoliIn una sua intervista, a proposito del film, lei ha citato un saggio di Edgar Morin in cui l’autore sostiene che ogni società dice di se stessa in rapporto agli idoli che sceglie come propri. Quanto vale questo pensiero per il suo film.

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Non sono un intellettuale, ho citato un grande pensatore, ma il mio mestiere è fare il cinema ed con il cinema che rispondo. Quello che mi interessa trasmettere è il caos della modernità. Ho voluto raccontare la storia di un uomo che si rifiuta di diventare famoso. Ci sono dei valori che oggi tendono ad essere dimenticati. Tutto questo rende a volte assurdi i nostri tempi. Ho voluto, quindi, anche raccontare una storia che rifletta questa assurdità che viviamo.

In questi ultimi mesi abbiamo visto due film che raccontano di persone comuni che improvvisamente diventano famose, oltre al suo film c’è anche l’ultimo di Woody Allen. Che interferenze ci sono tra questi due film?

Non c’è dubbio che tra il mio film e quello di Allen vi siano delle analogie e va detto che ammiro molto il lavoro di Woody Allen. Il mio film nasce da un romanzo che è uscito nel 2005 e per quanto mi riguarda, mi sono molto affidato al ruolo dello sceneggiatore oltre che su quello mio, sul mio compito di regista. Abbiamo costruito i personaggi a seguito di una indagine, guardandoci attorno. Per quanto riguarda il personaggio della giornalista abbiamo preso spunto dalla realtà e abbiamo voluto costruire un personaggio femminile moderno, una giornalista televisiva che fosse coinvolto nelle quotidiane mutazioni e che partecipasse a questi processi.

Per quale motivo non ha voluto svelare le ragioni per le quali il protagonista improvvisamente diventa famoso?

Quando ho letto il soggetto del film ho pensato immediatamente a Metamorfosi di Kafka, ho pensato all’assurdità della situazione, come quella del racconto. È un tema, questo, che mi ha sempre interessato. Per quanto riguarda la sua domanda dico che non ho spiegato nulla perché volevo concentrarmi esclusivamente sulle emozioni che la situazione creava trasmettendole così agli spettatori. A volte non si comprende bene perché alcune persone diventano inaspettatamente importanti, questo è un effetto della mediatizzazione. Ho voluto raccontare e rappresentare proprio questo effetto. Non spiegare nulla è stata una scommessa, non volevo che ci si concentrasse su queste ragioni, ho voluto, invece, che questa sorta di spazio vuoto, fosse riempito dalla sceneggiatura e dagli attori. Se si vuole si è trattato di una forma di messa in scena.

Come è stato lavorare con Xavier Giannoli per Cecile De France e Kad Marad?

De France: Per quanto mi riguarda io amo molto Xavier e sul set mi sono trovata benissimo sia con lui che con leCecile De France altre persone della troupe. Eravamo rispettati, eravamo trattati da re. Poi abbiamo lavorato molto sul personaggio, anche in questo caso con rispetto e passione. Xavier ha la capacità di coinvolgerti nel suo mondo quando entri in contatto con lui.

Marad: (scherzando) Non sono d’accordo! 17 anni fa ho conosciuto Xavier, quando mi ha proposto di girare un cortometraggio. Quel ruolo mi ha seguito per tutta la vita. Per Superstar abbiamo lavorato sulla ricerca di una verità, sul dettaglio. Per cui dopo 17 anni posso dire che per me essere diretto da Xavier ancora una volta è stato un grande onore.

Giannoli: Quando leggevo molto di cinema ricordo di avere letto una volta una frase di John Ford che diceva tra un cavallo al galoppo e una donna che piange preferisco riprendere il cavallo al galoppo, io mi chiedo sempre ma perché non è possibile riprendere una donna che piange su un cavallo al galoppo. Amo il cinema diretto, ho un raporto carnale con il cinema e mi aspetto sempre che il cinema rappresenti gli squilibri e le forzature del nostro mondo. Il cinema è spettacolo. Ma deve contenere anche una verità umana. Deve cogliere alcuni aspetti negativi dei nostri tempi e tra questi ci sono i media. Non so teorizzare, l’ho detto non sono un intellettuale, ho un rapporto molto istintivo con il cinema e con i miei film. Per questo film, l’idea di uno sconosciuto che diventa celebre senza sapere il perché mi è piaciuta molto e ho voluto raccontarlo nel film.

Sarebbe interessante sentire da Kad Marad come si trova un attore famoso ad interpretare una persona sconosciuta.

Marad: penso che serva l’angoscia. Con Xavier abbiamo lavorato insieme sul personaggio e abbiamo cercato la mia parte “sconosciuta”, in fondo per interpretare una persona comune credo che basti pensare alla quotidianità, non so… a mio fratello che gestisce un’agenzia di assicurazione. Il mio personaggio in questo film si trova schiacciato da un meccanismo incontrollabile e incontrollato. Chi decide cosa?

Giannoli: Le nostre società sono diventate assurde, c’è una costante perdita di controllo. Abbiamo voluto fare emergere proprio questa verità umana.

Il ruolo che è stato affidato a Cecile De France restituisce un ritratto poco lusinghiero del giornalista. Come ha affrontato questo ruolo?

De France: Non ho un particolare punto di vista personale da comunicare. Abbiamo costruito il personaggio con una personalità molto forte. In fondo la nostra protagonista è una provinciale, ma molto combattiva che ha conquistato Kad Maradpasso dopo passo la sua condizione attuale, ha sempre lottato contro le ingiustizie, è un’idealista, anche l’abbigliamento che usa, un po’ fuori dalle regole, testimonia questa sua propensione, ma lentamente ci si accorge che anche lei sta cadendo nell’ingranaggio, dimenticando i suoi principi. L’incontro con Martin la risveglia e la sconvolge, la spinge ad uscire dai compromessi che ha accettato, quell’incontro le cambia la vita. In realtà i due personaggi finiranno per sconvolgersi a vicenda ed entrambi potranno prendere possesso della propria vita.

Giannoli: A questo proposito voglio solo aggiungere che la stampa si sottopone alla legge del mercato e il giornalista però deve trasmettere la verità, solo così l’informazione potrà riconquistare la dignità rifiutando la logica della mercantlizzazione del pensiero.

Per chiudere perché ha accettato un happy end, forse il film si poteva concludere sull’urlo di Cecile

Sono uno sceneggiatore indipendente e nessuno può impormi nulla. Cerco di esprimermi con tutti i mezzi che ho, in realtà il mio non è un happy end è soltanto che ho voluto dare una speranza. Non ho dovuto rispondere ad alcuna legge di mercato. Mi fermo a raccontare solo quello che mi colpisce.

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