VENEZIA 70 – "Come accettare le proprie mostruosità". Incontro con Emma Dante", Alba Rohrwacher, Elena Cotta e Carmine Maringola


Accolta con un sentito applauso dalla stampa internazionale, la splendida Emma Dante presenta il suo primo film Via Castellana Bandiera, in concorso a Venezia. Partendo dalla sua terra d'origine, la Sicilia, disegna"lo stato dell'essere", attraverso il linguaggio universale del cinema.

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Questa mattina è stato presentato alla stampa internazionale, il primo film della regista italiana Emma Dante, Via Castellana Bandiera, in concorso a Venezia. Accompagnata dalle co-protagoniste Alba Rohrwacher ed Elena Cotta, insieme a Carmine Marignola (attore), Marta Donzelli (Vivo Film – produttore), Paolo Del Brocco (Rai Cinema – coproduttore), Elda Guidinetti (Ventura Film – coproduttore), Marianne Slot (Slot Machine – coproduttore), Michela Stancheris (Regione Sicilia – assessore al Turismo, Sport e Spettacolo.

 

 

Emma Dante,  cosa l'ha spinta a passare dal teatro al cinema?

La storia del film Castellana Bandiera, proviene dal mio omonimo libro, impossibile da riproporre a teatro. Solo attraverso il linguaggio cinematografico ho potuto effettuare quel "passaggio naturale" che mostra al pubblico la carne, la strada e la polvere.

 

Il suo film è già stato definito un film  dal sapore western, alla Sergio Leone. Le piace Come definizione?

Si, ed effettivamente ci sono molti riferimenti e citazioni al genere. E poi chi non ha mai desiderato fare un film Western? certo,  Via Castellana Bandiera non lo collocherei nel genere, ma come definizione è divertente.

 

Domanda provocatoria: perché sempre il Sud? avrebbe potuto ambientare la sua storia al nord, nella periferia di Bergamo per esempio.

Parto dalle mie radici, dalla mia città, Palermo, ma non racconto del Sud in particolare. Il film parla dell'aggregazione tra gli esseri umani, parla di uno "stato dell'essere" non di uno stato geografico.

 

Come nasce questa sua perizia nelle riprese, questa sua abilità nel dirigere gli attori?

Durante un duro periodo di prove (un mese e mezzo) con la mia compagnia teatrale Sud Costa Occidentale, alla quale si affiancano nuovi talenti come  Renato Malfatti (nel ruolo del padre-padrone Sauro Calafiore) ed il giovanissimo Dario Casarolo (l'illuminato Nicolò Calafiore), ho adottato lo stesso metodo che utilizzo per il teatro. Dietro c'è una squadra molto forte ed unita.

 

La figura del ragazzo, Nicolò Calafiore, sembra l'unica positiva all'interno di una gerarchia familiare patriarcale e maschilista, giusto?

Sì, il personaggio di Nicolò è un personaggio "illuminato", sensibile e  parla due lingue, l'albanese per comunicare con la nonna Samira, e l'italiano. Ma è una fiammella che va lavorata.

 

Come vede questi due mondi  estremi, quello dell'anziana signora, comandata a bacchetta dal capo famiglia Sauro, e quello della coppia lesbica di Rosa e Clara, messi a confronto?

Ecco bisogna smetterla di "sopravvalutare" l'amore tra omosessuali, la storia di Rosa e Clara è un amore naturale. Due persone che si amano vanno viste e raccontate naturalmente. Il problema è che siamo incapaci di vedere come stanno le cose, abbiamo questa necessità del possesso dello spazio, dell'amore, ma dobbiamo smetterla. Ce n'è per tutti.

 

Questo precipizio che pone fine al duello tra Samira e Rosa, è una metafora dello stato di crisi in cui si trova il nostro paese, che forse è destinato al crollo?

La crisi è un dato di fatto, siamo in bilico sul bordo del precipizio, ma non sentiamo il rumore della caduta, vediamo solo l'umanità che ci viene incontro. E questo è positivo.

 

Il personaggio interpretato da Elena Cotta è Samira, un'anziana signora di origine albanese. Come mai questo nome e queste origini?

Il personaggio di Samira viene dalle Piane  degli Albanesi, da una comunità accolta dai siciliani durante la guerra, con cui da tempo convivono. Volevo presentare questa realtà, questa convivenza, questa donna straniera che però è lì, che doveva essere lì presente, con la sua diversità e il suo coraggio. Spero di poter parlare a tutti, di andare oltre la Sicilia, oltre l'Italia, oltre l'Europa. Il cinema è anche questo: far fare esperienza alla gente, scatenare un cortocircuito.

 

Elena Cotta, quali sono state le difficoltà nell'interpretare il personaggio di Samira, che si esprime solo attraverso il suo sguardo?

Desideravo talmente tanto esprimere le emozioni di un personaggio solo attraverso lo sguardo, l'espressione del viso, senza l'artifizio del linguaggio, che non ho avuto difficoltà, talmente forte è stata l'emozione. Tutto si risolve con lo sguardo, è stato emozionante e lavorare con Emma, straordinario.

 

Alba Rohrwacher, che regista è Emma Dante e qual'è il suo metodo?

Il lavoro è stato duro ma tutto il tempo ho avuto la sensazione di essere guidata, portata all'estremo, sorretta da mani sicure. Emma è capace di tirare fuori dagli attori dei fantasmi, qualcosa che non sapevamo di avere dentro. A lei devo tantissimo.

 

Emma Dante, come avviene la metamorfosi della sfida tra due donne tenaci e la successiva complicità, quasi devota, tra di loro?

Rosa e Samira sono una di fronte all'altra, per tutto il film. Guardandosi negli occhi, ognuna riconosce se stessa nell'altra, come il Minotauro che si guarda allo specchio e riconosce il mostro. La loro esperienza, così  intensa, riesce a modificare progressivamente i loro caratteri. Accettare le proprie mostruosità è accettare la verità.

 

Nel cast ci sono anche due non attori?

Sì, e grazie di averli nominati. Renato Malfatti, che fa il guardia macchine di professione ed il giovanissimo Dario Casarolo, sono due talenti straordinari, nonostante questa sia la loro prima esperienza cinematografica.

 

Nella scena finale compaiono anche i due fratelli Mancuso?

Sì, da tempo collaboriamo e senza di loro non sarebbe stato lo stesso. Sono loro la vera anima della Sicilia.

 

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