VENEZIA 70 – Con gli occhi chiusi: Lo sguardo di Samira (2)

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Se uno sguardo può fare la sintesi, niente sembra più efficace a rappresentare questo lutto non elaborato del cinema italiano: il volto di questa donna (una straordinaria Elena Cotta), che improvvisamente ha scelto di non muoversi più. Uno “stallo” che dura un film. E al cinema italiano non resta che testimoniare questa impotenza

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Elena Cotta Via castellana Bandiera

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Un volto, una donna anziana, stranamente alla guida di un’automobile, con tutta la famiglia, nipoti e genero compresi. Prima abbiamo visto questa donna inquadrata da dietro, sulla tomba della figlia, morta pochi anni prima, insieme ai cani da sfamare. Poi in auto, sulla stretta via di casa, si incrocia con il destino di un’altra donna, molto più giovane, ma altrettanto determinata. E’ l’inizio di uno “stallo” che dura un film.

 

E’ Via Castellana Bandiera, della regista Emma Dante. Film con i suoi alti e bassi, le sue illuminazioni (Samira, l’anziana di origini albanese che nella notte/sogno va nella camera del nipote) e le sue troppo esibite allegorie (quel finale con tutto il quartiere che corre, dentro/sotto la macchina da presa…). Ma il volto di questa donna (una straordinaria Elena Cotta), e l’ostinazione di questo personaggio a non cedere il passo, prima a quella più giovane, poi agli altri automobilisti e infine a tutta la sua famiglia che le aveva persino scommesso contro, sembra una sorta di “resistenza”: NON MI MUOVO. Più che metafora, appunto troppo esibita, dello stallo del Paese Italia, il volto di Samira sembra raccontare la fissità del nostro cinema, quasi autorappresentatosi, certo involontariamente, in questo “atto unico” palermitano. Non c’è più un posto dove andare, una casa dove tornare, l’unica via possibile è un lutto perenne, quell’abbracciarsi alla tomba, quasi in attesa, spasmodica, della morte.

 

Ecco se uno sguardo può fare la sintesi, niente sembra più efficace a rappresentare questo lutto non elaborato del cinema italiano. Ma non c’è ancora uno sguardo per andare oltre, perché la morte avviene alle nostre spalle e il pubblico, di corsa, va in quella direzione. Al cinema italiano non resta che testimoniare questa impotenza, questo vuoto, questo dolore. Senza più nessuna direzione dove andare… (f.c.)

 

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