VENEZIA 70 – “Moebius”, di Kim Ki-duk (Fuori Concorso)


Nel nuovo film di Kim Ki-duk l’evirazione travalica il tabù del totem da abbattere, che non è il classico maschio ma piuttosto la donna o la famiglia… Moebius è un’opera buffa sulla destituzione del potere, dai genitali ai genitori…“Famiglia, desiderio e genitali sono da sempre una sola cosa”, dice il regista, ma poi fa un film che si basa sul venir meno del potere dominante di ognuno di questi elementi… E' fuor di dubbio che Kim Ki-duk si diverte a provocare e anche a sbeffeggiare lo spettatore…

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Storia del pene. La pulsione grottesca che performa la pulsione sessuale… Prendi una famiglia, togli di mezzo il fallo e crolla l’ordine costituito: Kim Ki-duk segue lo schema classico e lo rappresenta come una tragedia che assume i connotati della commedia. L’evirazione travalica però il tabù del totem da abbattere, che non è il classico maschio, ma la famiglia, o piuttosto la donna: la madre virago non sopporta il tradimento del marito e abbatte la lama sul pene del figlio, per poi sparire nel nulla sino alla fine, quando ritornerà per disfare l’altro classico tabù familiare, quello dell’incesto… Fusione e confusione sulla ferita aperta del desiderio. Niente che l’occhio non possa guardare, in realtà, anche se la sala vibra empaticamente con le ferite dei personaggi. Ferite inferte anche per godere: la pietra (sarà quella penitenziale legata al dorso del monaco nell’altro film-moebius di Kim Ki-duk: in Primavera, Estate ecc?) – la pietra, si diceva, come un glande, sfregata sul corpo provoca piacere e poi dolore. Del resto è il destino dei viventi: gioire e soffrire, l’eterno ritorno del nastro infinito cui è intitolato il film.

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Che è un lavoro sulla sessualità, lo dice chiaramente il regista. Ma è pur sempre un film sulla sessualità al quale vien tolto l’organo del piacere – leggi: lo scandalo, ché il regista si concede al gioco extrafilmico di lamentare i tagli (di censura) per un film che sui tagli (leggi: evirazione) si basa… Che poi il pene sia uno dei 32 maggiori segni distintivi di un Buddha (il decimo, per la precisione) vorrà pur dire qualcosa, visto che la lama sacrificale brandita dalla madre è custodita accuratamente sotto un busto del Buddha. Che l’obbiettivo di Kim Ki-duk sia un film sulla purificazione invece che sull'evirazione? Un film sul venir meno delle passioni? Lo sguardo finale del figlio, chino in venerazione della suddetta statua, sembrerebbe confermare l’ipotesi. Del resto l’altra grande mutilazione di Moebius (una delle tante inferte da Kim Ki-duk nel corso della sua carriera) è la parola: nessuno parla in questo film, tutti tacciono di un silenzio esibito, fragoroso…
Togli il dire alle dinamiche di relazione e resta solo il segno grottesco dei gesti, dove si verbalizza per atti, che hanno il taglio netto di qualcosa di assoluto.
Lo stesso silenzio che Kim Ki-duk attribuisce a gran parte dei suoi personaggi, diviene qui mutilazione della parola. Moebius è un’opera buffa sulla destituzione del potere: “Famiglia, desiderio e genitali sono da sempre una sola cosa”, dice il regista, ma poi fa un film che si basa sul venir meno del potere dominante di ognuno di questi elementi… E' fuor di dubbio che Kim Ki-duk si diverte a provocare e anche a sbeffeggiare lo spettatore…

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