VENEZIA 70 – "Non è un film costruito sulla violenza, piuttosto sull'isolamento". Incontro con James Franco e Scott Haze

child of god
Dopo aver girato tutti i maggiori festival di cinema, James Franco sbarca al Lido, in concorso, con la sua ultima fatica da regista. Tratto dal capolavoro omonimo di Cormac McCarthy, Child of God è stato presentato questa mattina alla stampa internazionale. Ad accompagnare il film con Franco, anche il protagonista Scott Haze.

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child of godDopo aver girato tutti i maggiori festival di cinema, James Franco sbarca al Lido, in concorso, con la sua ultima fatica da regista. Tratto dal capolavoro omonimo di Cormac McCarthy, Child of God è stato presentato questa mattina alla stampa internazionale. Ad accompagnare il film con Franco, anche il protagonista Scott Haze.

Ci vuole parlare un pò del suo protagonista?

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James Franco: Prima di tutto devo elogiare la performance incredibile che mi ha regalato Scott. Avevo la possibilità di coinvolgere chiunque, un qualche grosso nome di Hollyood, ma ho capito che Scott fosse perfetto per il ruolo. Chi non lo conosce probabilmente crederà che è un vero maniaco trovato in qualche bosco.
 

Perchè ha scelto proprio questa storia?

James Franco: Sapevo che mi avreste fatto questa domanda, quindi ho chiesto lo stesso all'autore. Quando ci siamo incontrati gli ho detto "Cormac, perchè hai scritto questo libro?" Lui non mi ha risposto. Per me è solo la storia di un personaggio estremo che vive situazioni estreme. Estromesso dalla civilta cerca un modo per connettersi con gli altri. Non è solo un assassino, ma anche un incapace, che vive come può. Lo trovavo un personaggio inedito e interessante.

Il personaggio è segnato anche da una vena umoristica, quasi empatica. Ti ha condizionato nella tua interpretazione?

Scott Haze: Il suo essere goffo era già presente nella scrittura. Quando ho letto lo script ho cercato di trovare una sintonia con lui. Ho scelto di puntare sulla compassione. Ho fatto un lungo lavoro di preparazione. Insieme alla mia ragazza abbiamo lavorato sui lati del mio carattere che mi potessere tornare utili. L'ho sempre immaginato come un uomo isolato dal mondo, non come un maniaco.

James Franco: Scott si è addirittura isolato per mesi in una capanna nel Tennessee prima delle riprese per entrare meglio nel ruolo. Anche sul set era strano, in disparte. Questo ha aiutato molto nella costruzione del personaggio.

Come è dividersi tra una carriera da attore e una da regista?

James Franco: Non è difficile. Io amo la regia. Credo che sia il regista che l'attore abbiamo un ruolo similare nella costruzione di una storia. L'unica differenza è che il regista forse ha più responsabilità.

Nel film mostra che anche la società che circonda il protagonista è folle. Come mai questa scelta?

James Franco: Cormac, nello scrivere il libro, si è ispirato alla vicenda di Ed Gein, lo stesso serial killer che sta alla base di Norman Bates e di Non aprite quella porta. Nella realtà, dopo la cattura di Gein, gli stessi suoi concittadini hanno creato una specie di spettacolo locale su di lui, come ad omaggiare la sua storia. Non dico che anche loro fossero criminali, ma è normale che anche la società abbia un peso sulle azioni degli uomini. Nel film anche Lester è circondato da una violenza invisibile, spesso nascosta dalla scusa della Legge. Lui è solo il caso più eclatante di questo mondo.

La violenza è il nucleo centrale del film?

James Franco:
C'è molta violenza ma, confrontata con quello che vedo in giro,la nostra mi sembra decisamente addomesticata.Non è un film costruito sulla violenza, piuttosto è uno studio analitico sull'isolamento e sugli effetti che ha sull'uomo.

Ultimamente si adattano molti libri in film. Crede che in giro ci sia paura di inventare storie originali?


James Franco:
Non sono d'accordo. Ci sono molti grandi autori che inventano storie. Poi dobbiamo anche ragionare su cosa voglia dire nuovo. Tutto viene da qualcosa. Io non voglio fare distinzioni tra adattamento o storia originale. Personalmente amo lavorare sui miei libri preferiti perchè mi permette di confrontarmi con grandi autori e di non accontentarmi mai. Ad esempio, con Child of God, avevo la responsabilità di dare giustizia al lavoro di Cormac. Non potevo deluderlo. Quando scrivo script originali sono molto più accondiscendente con me stesso.

Come mai c'è un suo cammeo?

James Franco: Non volevo distogliere l'attenzione dal film. Era solo che c'era quel piccolo ruolo da coprire ed io ero li disponibile a farlo.

La musica ha un ruolo fondamentale nel film. Come ci avete lavorato?

James Franco:
Sono contento che l'avete notato. Il film è stato girato in West Virginia ma la storia è ambientata in Tennessee, la terra natale di McCarthy. Le canzoni che si sentono sono state registrate tutte live in quei posti, da musicisti del luogo. Credo che la musica fosse lo strumento più facile per permettermi di tirare fuori l'altro lato di Lester e mostrare che non è solo un mostruoso maniaco.

Quali sono state le vostre fonti di ispirazioni per lavorare al film?

James Franco: Come regista devo tanto al lavoro dei fratelli Dardenne e Gus Van Sant. Per questo film in particolare credo che Taxi Driver sia l'opera che più gli si avvicina. Anche nel film di Scorsese il protagonista è un folle con il quale si empatizza. Di solito personaggi cosi ci sono solo negli horror e sono visti esclusivamente nella prospettiva dell'eroe che li contrasta. Ero interessato a sovvertire questa logica.

Scott Haze: Leggendo il libro mi sono venuti tanti spunti ma sul set non ho pensato molto ad altre performance. Se devo fare qualche nome credo che il Joker di Ledger e Robert De Niro in Taxi Driver siano stati i modelli che ho più sentito vicini. Ho preso qualcosa anche dallo stesso James di 127 ore. Per il resto ho lavorato tanto fisicamente e mentalmente.

Franco come è come regista?

Scott Haze: Ho lavorato con molti registi, di solito sono intrusivi e maniaci del controllo. James invece sa bene quello che serve ad un attore e mi è stato d'aiuto. Mi ha lasciato molta libertà e mi ha ascoltato molto quando eravamo alla ricerca della giusta interpretazione. Lavorare con lui è stato un onore.

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