VENEZIA 70 – "Siddharth" di Richie Mehta (Giornate degli autori)

Siddharth
Una favola, alla ricerca di un figlio attraverso un'India che offre se stessa allo spettatore. Una storia vera farcita con elementi fiabeschi, le difficoltà di un'umanità buona che deve trovare il modo di andare avanti

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Siddharth C'era una volta in India un uomo alla ricerca di suo figlio. Somiglia proprio a una favola l'ultima opera di Richie Mehta, già regista del pluripremiato Amal: è la storia di un padre, Mahendra, che di mestiere ripara cerniere, il cui figlio dodicenne, Siddhath, mandato lontano da casa per un lavoro, non è più tornato, è scomparso. Pur di ritrovarlo Mahendra è pronto ad affrontare un lungo viaggio che permette al regista di raccontare l'India, i suoi abitanti, le sue strade, i suoi problemi. 

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Un' 'alla ricerca di nemo', che si trova a fare i conti con temi tanto importanti quanto essenziali e connaturati a quella determinata realtà geografica quale lo sfruttamento del lavoro minorile – venuto a conoscenza del grande pubblico anche grazie alla storia di Iqbal Masih -, a cui si lega quello dei bambini scomparsi in quanto rapiti e diretti verso cattive sorti e mercati, e ancora l'abbandono della scuola, la povertà. Il tutto però è farcito da elementi fiabeschi, con tanto di primi piani di elefanti indiani e di colori. Inoltre pare evidente tra gli intenti del regista quello di mostrare un'umanità buona: per quanto la storia sia drammatica e ritragga una realtà malvagia, i personaggi sono tutti buoni, il male c'e ma non ha un volto, a testimonianza di quanto sia tutto sommato positivo il messaggio lanciato dal film. A ciò si accompagnano anche le scelte tecniche e stilistiche: musica commovente nei momenti drammatici, primi piani emotivi, ma senza esagerare al punto da risultare fastidioso. 
Interessante è notare l'assenza di Dio, le consolazioni non sono ultraterrene, è una storia tutta di uomini, soprattutto di padri: nel momento di disperazione lo stesso Mahendra  cerca suo padre, è nella sua figura che trova la spinta per andare avanti.
Il protagonista e anche autore dei dialoghi è Rajesh Taliang, quasi sempre al centro della scena e capace di sostenere un simile ruolo.
Il film è tratto da una storia vera e in qualche modo ha, da un punto di vista tematico, dei tratti comuni con il neorealismo italiano: una vicenda con al centro l'uomo e la città attraverso la quale si vedono avvicendarsi mestieri umili, attività ritagliate o inventate, alleanze e solidarietà, scelte, ma anche sconfitte e rassegnazione. Quel che resta è la voglia, e soprattutto la necessità, di andare avanti. 
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